martedì 15 aprile 2008

E infine anche il 13 aprile è arrivato. dopo mesi di crescente attesa.

Uno sguardo all’orologio e mi accorgo che sono già passate 48 ore - esatte - dal momento in cui ho tagliato il traguardo di quei 42 km con 2000 metri di dislivello.
Ma la TCE ce l’ho ancora tutta nella gambe, nei muscoli gonfi e un po’ doloranti. ce l’ho nelle palpebre pesanti e nel torpore generale che fa sembrare tutto ovattato e vagamente onirico. ce l’ho nel cuore che mi rimanda deliziosi frammenti di quegli attimi intensi.

Tutto è iniziato molto tempo fa, addirittura vent’anni, con la mia prima partecipazione, ancora adolescente - sedicenne impavido - all’esordio in maratona.
È una storia lunga e in parte già raccontata, ma è una storia che torna, che mi insegue e non mi molla più. poi, dieci anni fa, esatti, all’apice della forma, corro per la classifica e arrivo terzo. ma non solo. conosco Agostino condividendo con lui la prima metà della gara. e nel tratto finale, la sofferenza.

Già a dicembre dello scorso anno ho iniziato a pensare a questa corsa e a tutte le sfumature di ricordo e d’affezione che si trascina. e ho iniziato a trasformarla in qualcosa che va ben aldilà della competizione facendola diventare non solo una prova ma anche un atto. una dedica. ecco precisato l’obiettivo: dare il massimo per poter dedicare la mia corsa a qualcuno che non c’è più.

Ma non è stato facile. perché una serie di accidenti mi ha più volte frenato e addirittura fermato in questi quattro tormentati mesi. e così alla fine la preparazione è venuta a mancare. ma se lo sconforto faceva capolino per farmi mollare, l’idea degli amici che avevo invitato a partecipare e che avrei ritrovato, mi ha aiutato a tenere duro e a sdrammatizzare.

Domenica mattina, sotto l’ennesimo piovasco, raccolgo Mudanda e Roby a Padova ovest e faccio strada fino a Villa di Teolo. poco prima di svoltare per addentrarmi nel paese attacco le quattro frecce e Mudanda dietro fa lampeggiare gli abbaglianti e i fendinebbia. fuochi d’artificio che la dicono lunga sull’entusiasmo e la trepidazione.

Parcheggiamo che non c’è praticamente nessuno. giusto due o tre persone dell’organizzazione. così andiamo a iscriverci e ad uno ad uno li ritroviamo tutti quelli che gravitano attorno al forum di
Spirito Trail e ai Trail Autogestiti: prima Krom, poi Alvise, poi i veronesi-trentini Francesco, Paolo6892, Beppe e Ganassa, poi Mario (da Adria, che guarda Mudanda e gli fa: ma tu sei quello dell’intervista?), poi i Bolognesi Niki, Leo, Ste e Donamat, poi gli alto-trevigiani Stefano Cimbro, Daniele Cesconetto e Paolo, poi in ordine sparso Checo, Roberto, Dariotartari e Leonardo il mago (da Firenze!), infine i veneziani Dartagnan (che mentre corricchio per scaldare i muscoli mi si fa incontro: “hai visto i fioi?”) Kapobecero, Robizam, Titanciano e Tetano (più tardi arrivano Distinto e Paolo da Crema. c'erano inoltre anche Riczac ed Everest8848, così, se non ho dimenticato qualcuno, eravamo in 30 !!!).

Fra battute, strette di mano e pacche sulle spalle arrivano le 8. mi sposto in prima fila giusto in tempo per sentire pronunciare “-5, 4, 3, 2, 1, via!” si abbassa il nastro e balzo subito avanti a tutti. poi, passata la strada, tiro un po’ i freni dato che non è una gara di mezzofondo. conduco il gruppo in fila nel sentiero di fango che costeggia le colline, sgranandolo già. e quando inizia la salita siamo in quattro. mi volto a guardare meglio e vedo Agostino, magro e in forma come allora, dieci anni fa, che viene su leggero. lo saluto e, subito dopo, gli domando: “ti ricordi di me?” “certo” mi risponde “gli amici non si scordano mai”. saliamo insieme senza troppa fatica e chiacchierando. e dopo dieci minuti siamo in tre. Agostino, io e il corridore anonimo alto e muscoloso coi capelli lunghi e scuri, taciturno perché impegnato all’ascolto dell’i-pod (l’unica cosa che so di lui, perché gliel’ho domandata, è che viene da Modena, mi pare di ricordare). ed è proprio lui ad imporre un po’ di agonismo alla nostra corsa rilassata. durante la scalata del Pirio, parte come una scheggia, e se ancora lo intravediamo nel tratto di cresta, lo perdiamo definitivamente di vista nella ripidissima discesa (quella con le funi tese fra gli alberi!). certo non ci preoccupiamo e, raccontandoci un po’ di cose successe in questi anni, proseguiamo nella ancor impegnativa salita che porta alla sella del Baiamonte. con la nostra calma, o meglio, con il nostro ritmo cadenzato lo riprendiamo senza forzare e siamo di nuovo tutti e tre assieme. un po’ di discesa e raggiungiamo il ristoro dove proprio lui si lamenta perché non sono pronti i bicchieri con l’acqua. “vabbè” penso io “che differenza fa?” ci lanciamo nelle vigne, nei boschetti e nelle vallette fangose, fra tratti corribili e brevi strappi che riprendono quota. ci alterniamo a fare il ritmo, quando nell’ultimo strappo che precede il monte Fasolo, quello con i gradini di terra, mi volto e vedo Ganassa che ci sta raggiungendo. da qui in poi, fino a ritoccare di nuovo la pianura, è un continuo susseguirsi di attacchi-allunghi del nostro compagno di corsa. io tengo il mio passo, Agostino il suo e così ci sfilacciamo un po’. col risultato che io e il senza nome passiamo alla mezza in coppia e subito dietro Agostino con Marco (Ganassa). sorrido ancora al ricordo di quando, appena dopo il ristoro, mi giro e urlo: “dai Ganassa, forza!” e gli faccio segno di raggiungermi. e lui, mi pare, rispondere con una smorfia divertita (ci conosciamo, da appena due ore e siamo qui a scherzare anziché darci battaglia). si riprende a salire e, io e il moro, siamo soli. passando una tenuta agricola saluto il contadino, poi indico al mio compagno di piegare a sinistra. e così mi precede risalendo la vigna, poi piega ancora a sinistra e io dietro di lui...: come un mona! perché imbocchiamo il tratturo che costeggia vigna e bosco. non ci sono segni e quando si inizia a scendere ne ho la conferma: non è il sentiero giusto. lo chiamo, si volta, gli faccio cenno di seguirmi che dobbiamo tornare indietro. stavolta è lui che mi segue. e lo riporto sul tracciato di gara. aggredisco il sentiero nel bosco: in salita, in falsopiano, ancora in salita. macino metri su metri tirando deciso. ogni tanto lancio lo sguardo in avanti alla ricerca di Agostino e Ganassa. ma devono essere parecchio avanti (avremo perso almeno 5-6 minuti), ma niente non si vedono proprio. finché, passato il bosco di castagni e le cave del Venda, vedo Marco avanti di 50 metri ed entro breve lo raggiungo. scambiamo due parole. è spiaciuto che io abbia perso tempo, ma “chi se ne frega”, dico io. poi mi confida di essere un po’ provato. allora gli consiglio di mollare un po’ e cercare di recuperare che è ancora lunga ora della fine (siamo al 26°). lo saluto e mi lancio in discesa lungo un toboga di fango liquido, scivoloso come la cera. devo ammettere che è uno spasso incredibile. anche quando si trasforma in sentiero di fango e sassi. e, anche se un po’ pericoloso, lo affronto con l’incoscienza di un ragazzino. ma non quando iniziano le rocce del ‘Sasso’, lì rallento e mi lascio superare da big-gim. che in queste discese, nonostante la stazza, va giù come uno stambecco. tanto di cappello! ma allora io gli sto alle calcagna e subito dopo il ristoro ci infiliamo dietro il guard rail dove scivoliamo in una valletta che già di suo è sempre umida e ombrosa. oggi lo è più che mai. salto il ruscello e qualche tronco ripensando a quella volta in cui ci ho portato il Mudanda (papà da un giorno): quante bestemmie! ma bando alle distrazioni, perché siamo al 30° e sono ancora in seconda posizione. non male, no? nei cambi di ritmo però mi sento sempre più lento a reagire, sempre più impastato. dopo un po’ ritrovo il ritmo e riesco a lanciare le gambe in discesa, quella che si tuffa dalla rupe di Zovon. tengo duro e vado giù come ai tempi d’oro fino al Ponte del Riposo. riprendendo a salire affiancati ci guardiamo per un attimo in faccia. chissà se ha letto la mia fatica, dopo il breve tratto d’asfalto mi rilasso un po’, così lui mi scappa e al termine della prima rampa mi è avanti trenta metri. ci si infila nel bosco e lo perdo di vista. poco importa, vado su al mio ritmo e affronto il tratto che temo di più (monte Altore). ma ce la faccio a salire discretamente. non più agilissimo è vero, ma ancora correndo, almeno fino a che non si esce dal bosco per risalire la vigna. da lì inizio ad alternare la corsa ad un buon passo veloce. così affronto senza problemi le rocce di Sant’Antonio. e, a tratti, mi sorprendo a correre deciso. ora della cima l’ho raggiunto. eccolo al ristoro. bevo anch’io e si parte in discesa. ma è evidente che ne ha di più. mi lascia praticamente sul posto. allora mi godo il sentiero, tanto per cambiare, scivoloso, e oltretutto costellato di tronchi d’albero abbattuti a sbarrare il passaggio. ce n’è uno più alto degli altri, che mi costringe a scavalcarlo con un po’ di fatica e... hai! mi parte un crampo al polpaccio. ma “niente paura” mi dico, “ormai è fatta”. così non mollo e affronto l’ultima salita senza nemmeno guardare i ristori e mantengo, un po’ a fatica, il passo di corsa. poi giù. è la volta della discesa. la conosco a memoria questa. sasso per sasso. curva per curva. e dopo il sentiero il cemento e l’asfalto, con quella rampa ripidissima e poi l’ultima curva a gomito e poco dopo s’intravede la chiesa. allora vedo mio papà che mi viene incontro applaudendo e alla curva sotto sento la voce di mia mamma. ma guardo bene e, ovviamente, non ci sono. allora entro nel cortile e mi lascio accogliere dai complimenti degli organizzatori e dalle premure delle signore del ristoro, che subito mi invitano ad assaggiare il minestrone, i panini, le uova... aspetto che torni Agostino e così ci fanno una bella foto a tutti e tre. io scherzo e dico che se non sbagliavo strada... ma non è vero perché alla fine mi ha distaccato di 12’ (e il secondo di 3’). Agostino ride e ci salutiamo. lui se ne va. e io corro (si fa per dire) all’auto dove chiamo Selena e mentre le parlo immagino Ludovico più grande, se mai lo vorrà, cimentarsi con me in questa avventura.

E da qui è ripresa la festa tra gli arrivi di Francesco, Beppe, Cesco, Checo, Krom..... (mi fermo perché l’elenco è lungo e non so l’ordine d’arrivo!), la doccia calda e il magnifico massaggio. e poi tutti a tavola a mangiare, bere e chiacchierare mentre ogni tanto... ecco Dario... ecco Mudanda... ecco Nicole... ecco...

Grazie a tutti. per il calore e lo spirito con cui avete accolto il mio invito. grazie di cuore per l’indimenticabile giornata.


link
http://www.spiritotrail.it/forum/viewtopic.php?f=2&t=4
http://krom-runner.blogspot.com/2008/04/tce.html
http://ostinatamente.blogspot.com/2008/04/traversata-colli-euganei.html
http://www.lonelyrunner.splinder.com/

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Fantastico!
Ho rivissuto tutta la gara e ti ringrazio ancora per avermela fatta conoscere/vivere.
Ciao alla prossima
Ganassa

Furio ha detto...

Complimenti Emme!! Bel racconto e bel raid!

Anonimo ha detto...

Ciao Emme, sono Mario, quello che poco prima della partenza chiese a Mudanda chi fosse "Emme" tra i presenti e ti avevo di fronte...La traversata è stata la mia prima maratona e anche la prima volta che ho corso più di 3 ore. Alla fine sono arrivato veramente più morto che vivo tanto che dopo essermi cambiato mi sono avviato con fatica verso casa.Ci siamo pure scambiati una parola e magari ricordi il mio stato. Per la cronaca avevo la febbre a 38 tanto è stato lo sforzo. (sorvolo sui commenti di Stefania, mia moglie,quando mi ha visto...)
Ma più grande di tutto è stata la soddisfazione per essere arrivato fino alla fine perchè, credimi, almeno 2 volte sono stato sul punto di fermarmi. Ho visto tanta bella gente, allegra e piena di vita. Lo scenario dei colli,veramente fantastico, sono riuscito a godermelo fino ai 20 km circa ,poi gli occhi hanno iniziato a osservare sempre meno il panorama e sempre più la starda. Ad un ristoro ho commesso l'errore di chiedere ad uno dello staf a che punto del percorso fossi, perchè quando il braccio di questo indicò la cima di un colle molto lontano,troppo lontano, dicendomi che dietro ce n'era un altro ,ecco li stavo per mollare.
Il resto credo sia il vissuto di tutti.Comunque a due giorni già mi sta passando la sbornia e penso già alla 25^ traversata che sicuramente mi regalerà altre emozioni e soddisfazioni (e fatica della malora) Ciao e alla prossima
Mario

magorunning ha detto...

Grandissimo report, emme. Una gara così vista dalla testa :)
E' stato un grandissimo divertimento oltre che un ottimo allenamento e sono veramente contento che tu l'abbia pubblicizzata, i 450 Km che mi sono sciroppato andata e ritorno mi sono passati in un baleno a ripensare a questa grande esperienza. Al prossimo anno!!! Ma speriamo di vedersi prima, spero proprio di esserci alle prealpi trevigiane!

krom ha detto...

Emme, come al solito, ottimo blogger oltre che eccellente runner... :)

riczac ha detto...

Grande Emme il racconto è veramente ben scritto e rende appieno l'idea di cosa è la TCE. Il ragazzo alto del quale parli confermo che è di Modena. Grazie comunque di avermi fatto conoscere questa gara. Spero di conoscerti sul campo prima o poi.

CORRO ha detto...

Emme... ottimo...ottimo....
grande articolo.
sei forte....
quelli di modena li conosco tutti e tre e sono arrivati tutti nei 10.
siete solo fortunati.... che io non cero...........altrimenti.......
altrimenti...........sarei arrivato ditro ugualmente.........
maurizio

franchino ha detto...

Questi racconti mi fanno sempre più venire voglia di provare un trail... prima o poi ci scappa! Saluti a tutti!