il cielo nero ha ampi squarci giallastri da cui filtra una luce tipicamente primaverile, 13 gradi sul lunotto, un vento che piega le cime dei pioppi e che ne pettina le chiome. le melanconiche note dei colplay - Oooooh Oooooh Oooooh - mi accompagnano alla volta dell'ennesima corsa domenicale.
la tangenziale è deserta e dal finestrino scorgo la sagoma scura di quelle creste un po' nascoste nel manto di nubi, al che riemerge nitido il ricordo, riaffiorano in massa i pensieri, le emozioni e la fatica che vi ho vissuto, le immagini intense e meravigliose, delicate o selvagge, scabre e indelebili. 8 giorni passati col peso di quei 72 chilometri, delle migliaia di metri di dislivello, del sole cocente e dell'afa, della scarsezza d'allenamento e dell'opposta voglia di strafare. il mio gran raid. mamma mia che corsa.
parcheggio l'auto, acquisto il biglietto e inizio il mio viaggio su asfalto, ma che nel pensiero ripercorre, passo dopo passo, quel lungo sentiero che da segusino m'ha condotto fino a vittorio veneto attraverso le creste delle prealpi trevigiane.
(continua...)
è ancora buio e il cielo fosco, ma già s'intravvede su in alto, stagliato contro il cielo il profilo della radura, dove sarà allestito il primo ristoro, la fine della prima salita di circa milleduecentometri in dodici chilometri.
siamo in pochi alla partenza, meno di duecento ed è piacevole attendere lo start senza l'incubo di guadagnare o mantenere una posizione, senza nessuno che ti spinge, girovagando qua e là a chiacchierare con tutti quelli che conosco.
manca qualche minuto e mi schiero in prima fila, al centro, tra cesconetto, lavarda, geronazzo e caverzan.
aspettando le 6 c'è qualcuno dell'organizzazione che parla e forse, se non ho capito male, passa anche la parola all'assessore, donna, fors'anche vicesindaco, di segusino; non so, davvero non ho ascoltato ero intento a pensare a tutt'altro.
ore 6.00, pronti? via, si parte!
(continua...)
la tangenziale è deserta e dal finestrino scorgo la sagoma scura di quelle creste un po' nascoste nel manto di nubi, al che riemerge nitido il ricordo, riaffiorano in massa i pensieri, le emozioni e la fatica che vi ho vissuto, le immagini intense e meravigliose, delicate o selvagge, scabre e indelebili. 8 giorni passati col peso di quei 72 chilometri, delle migliaia di metri di dislivello, del sole cocente e dell'afa, della scarsezza d'allenamento e dell'opposta voglia di strafare. il mio gran raid. mamma mia che corsa.
parcheggio l'auto, acquisto il biglietto e inizio il mio viaggio su asfalto, ma che nel pensiero ripercorre, passo dopo passo, quel lungo sentiero che da segusino m'ha condotto fino a vittorio veneto attraverso le creste delle prealpi trevigiane.
(continua...)
è ancora buio e il cielo fosco, ma già s'intravvede su in alto, stagliato contro il cielo il profilo della radura, dove sarà allestito il primo ristoro, la fine della prima salita di circa milleduecentometri in dodici chilometri.
siamo in pochi alla partenza, meno di duecento ed è piacevole attendere lo start senza l'incubo di guadagnare o mantenere una posizione, senza nessuno che ti spinge, girovagando qua e là a chiacchierare con tutti quelli che conosco.
manca qualche minuto e mi schiero in prima fila, al centro, tra cesconetto, lavarda, geronazzo e caverzan.
aspettando le 6 c'è qualcuno dell'organizzazione che parla e forse, se non ho capito male, passa anche la parola all'assessore, donna, fors'anche vicesindaco, di segusino; non so, davvero non ho ascoltato ero intento a pensare a tutt'altro.
ore 6.00, pronti? via, si parte!
(continua...)
abbandonata presto la periferia anonima di segusino ci addentriamo subito in una gola stretta e umida, una valletta solcata da un ruscello, che attraversiamo più e più volte correndo agevolmente su dei comodi ponticelli preparati per l'occasione.
saliamo a stramare, paesello di mezza costa, quindi, per mulattiera pietrosa, a milies e da lì per strada sterrata a tornanti si va a testa bassa e di buon ritmo finché la pendenza non cala e si apre la vista sui pascoli, che risaliamo verticalmente nell'erba alta e bagnata fino a raggiungere il primo punto di rifornimento, malga molvine.
un breve stop e poi via a recuperare, lasciando correre le gambe sul bel sentiero in costa verso barbaria, il distacco da chi mi precede. un paio di chilometri e ce l'ho a tiro, e al successivo ristoro, malga mariech, lo raggiungo e ripartiamo assieme.
scambiamo due parole, lui è di imola e verrà anche alla LUT. in un attimo siamo a posa puner dove inizio a respirare "aria di casa".
conosco bene quel tratto di bosco e la stradina a seguire: lascio andare ancora le gambe e poco dopo m'accorgo d'essere solo in terza posizione, gulp! (i primi 2 fabio caverzan e ivan geronazzo li avevo visti allontanarsi già dopo il primo km).
malga mont, uno sguardo alla cima del monte crep e alla forcella della fede, quanti ricordi, la strada piega e inizia leggermente a calare e a me dà un po' noia la vescica.
vagando coi pensieri e cercando lo stimolo per fare pipì evidentemente rallento e poco dopo, si inizia a scendere verso praderadego con un sentiero un bel po' accidentato, e mi raggiungono in due, il concorrente di imola, giuseppe, e uno trevigiano, denis, che una volta raggiuntomi mi passa sorridendo e invitandomi a mollare il freno a mano. allora io faccio il contrario, mi fermo proprio, frugo tra le mutande e....pssssssssssss. ok, adesso si può ripartire. alla volta del col de moi.
(continua...)
(continua...)
sulla cui cresta avverto il primo crampo.
oibò, non siamo nemmeno a metà!
ma non ci do gran peso e continuo tranquillo, tanto che la vetta arriva in un attimo e così la ripida discesa alla forcella foran. ed è la volta dell'ultimo tratto di bosco fitto lungo il versante settentrionale. ma già non è più fresco. non faccio nemmeno a tempo a scorgere il bivacco del vallon scuro (di cui conservo il ricordo d'una notte trascorsa con un ghiro che non ci lasciava dormire...) che mi vedo sfrecciare davanti alcuni corridori. dopo un primo attimo di spaesamento faccio 2+2 e comprendo essere i concorrenti del "trail" cioè del percorso di 46 km. "permessooo" e passo, anzi passiamo giacché siamo di nuovo in tre. poi una guida ci indica la via e ci avverte che da qui è un po' brutto. non ripeterò i commenti che abbiamo fatto, nemmeno quando denis è volato incespicando in una radice.
ma il morale è buono e si va avanti, la gente lungo il percorso è numerosa e ci incita con affetto.
e in attimo siamo al san boldo dove denis inizia a imprimere un'andatura molto sostenuta. per fortuna che dopo pochi metri di salita asfaltata c'è il ristoro, dove c'è chiara che con bel sorriso ci accoglie e ci aiuta con le bottigliette.
si riparte. denis davanti come un treno e io che fatico pure a tenere il passo di giuseppe. ma non mi dispero e vado su col mio passo cadenzato. e così dopo un po' riprendo giuseppe, per poi perderlo definitivamente, e così pure è stato con denis.
da la cisa in poi inizia il vero utratrail.
sole a picco, caldo, e salite, salite, sempre salite su pratoni erti, costoni erbosi, spalle prative... chiamatele come volete sta di fatto che è stata una vera fatica.
seconda pipì.
e continuo a superare e a farmi passare dai concorrenti del trail, è un elastico senza fine. poi giù a forcella zoppei con innanzi la cima calva e rovente, quasi mistica o infernale, del col visentin.
(continua...)
"vuoi una birra?"
senza dubbio stanno scherzando, penso io, e invece no! fanno sul serio Roby e Ticci che hanno allestito un RA (ristoro autogestito) in uno dei punti più roventi dell'intero percorso.
naturalmente rifiuto, anche la cola, giacché ho la borraccia bella piena e la cima del monte mi pare ormai a un tiro di schioppo.
batto un generoso 5 ai miei amici e me ne vado comunque più carico nel morale, affrontando la rampa sterrata con un ritmo ancora discreto.
ciononostante dopo un paio di tornati e il primo ripido taglio su per i prati riarsi, mi raggiunge un concorrente che sale di buon passo: "mannaggia, ha il pettorale rosso come il mio, è della lunga", mi passa e... è crisi.
manca un niente alla cima ma quando arrivo al ristoro lui già se n'è andato, poi nella cresta a seguire faccio fatica a correre. mi fanno male i piedi non mi sento per niente pimpante. e così affronto pure la discesa, sempre più fermo e irrigidito, tutta coi quadricipiti contratti. che fatica. ma il peggio deve ancora arrivare.
ormai son giù, al lago e mi immagino un finale scorrevole seppure con un'altra salitella. e invece no, ecco un sentiero stretto, sassoso, tortuoso e in salita, poi con tratti in costa e con una discesa terribile. non ho commenti, solo bestemmie, ebbene sì, sonore e volgari bestemmie per la fatica, finché finalmente non scorgo l'ASFALTO! non l'ho mai desiderato tanto in vita mia e finalmente posso far girare le gambe. attraverso il paesello, quindi la statale e la strada inizia a salire. ma questa me l'aspettavo, anche se, magari, non così lunga. asfalto, cemento e poi mulattiera sassosa nel bosco dove d'un tratto mi attraversa la strada uno "scarbonasso" velocissimo. memorizzo la scena che poi gliela devo raccontare al piccolo vico, in questo periodo appassionato più che mai di rettili e serpenti.
una curva, un prato, delle persone, che mi dicono "dai forza che sei quarto". sorrido mesto e chiedo "è finita la salita?" "sì, dai, quasi..." "al che innervosito rispondo: allora è finita o ce n'è ancora" della serie: voglio la verità, solo la verità! allora mi spiegano che ho ancora 200 metri di salita e poi è fatta.
proseguo e cerco di correre nel falsopiano, ma è dura e pare interminabile. cerco santa gusta con gli occhi, ma non la trovo, vedo savassa giù nella valle e mi prende un po' di sconforto.
poi c'è un tizio che mi fotografa e gli chiedo "quanto manca?", "un paio di chilometri" risponde, toglie la macchina dal viso e vedo che è stefano cimbro, al che capisco anche che mi sta mentendo. tengo duro. ancora gente sul percorso ad incitarmi, ecco un gruppetto che mi indica la strada che piega in giù. "siamo a santa gusta?" "sì, dai che manca poco". e da lì in poi "1 chilometro", "500 metri", "l'ultimo chilometro e mezzo", non ci capisco più nulla, stringo i denti e sprinto verso l'arrivo, vedo 2 0 3 archi gonfiabili, ma qual'è quello buono? non importa rilancio il passo e ad ampie falcate (così mi pare) taglio il traguardo coi pugni stretti e stagliati contro il cielo.
all'arrivo c'è roby che, premuroso come un fratello, mi dà una borraccia e s'assicura che io stia bene. ma io sto bene!
1 commento:
Non ci lasciare sulle spine
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