domenica mattina ore 9 parcheggio il 'bolide' azzurro a lato strada. mi affaccio dal finestrino e roby è già lì che mi aspetta.
monta in auto e si va.
gira a destra, vai dritto, vedi lì quella casa... ci abita caverzan, vai sempre dritto, vedi quella signora... è una mia amica, è quella del salumificio, segui la strada e poi gira a sinistra, sai io e lucio ci siamo conosciuti a un pranzo (ti pareva, roby!), ecco gira a destra nel cortile di ghiaia, ma prendila larga che sennò stendi beethoven (il cane).
c'è già un a sw nera parcheggiata nel cortile di ghiaia, scendiamo dall'auto e ci presentiamo davanti alla porta di casa.
viene ad aprirci lucio, sì proprio lucio fregona campione mondiale di corsa in montagna nel '95, pluricampione italiano e vincitore di tutto e di più (dolomites skyrace, cimbri, scarabozzi, ortles-cevedale, val gardena, 4 luglio, vette feltrine...).
entriamo e troviamo tiziano (buon corridore di montagna, 5° ai cimbri quest'anno) ci salutiamo presentandoci, ma già ci conosciamo almeno dal '99 quando abbiamo fatto un buon pezzo della tre comuni insieme. poi lui ha chiuso in terza e io in quarta posizione. bei tempi!
usciamo in strada e non facciamo a tempo ad imboccare la discesa che vediamo samuele, un ragazzo di monfumo, che ci viene incontro per unirsi a noi. iniziamo a correre in leggera discesa chiacchierando, ovviamente, di corse e di f... finché arriviamo ad un prato dove inizia il percorso della gara che lucio sta organizzando.
lasciamo la strada e iniziamo a salire attraverso le vigne fino ad addentrarci nel bosco dove il sentiero è poco frequentato e incerto (lo tiene pulito correndo, ma anche venendo a lavorarci con l'aiuto di altri appassionati). entriamo in una valletta umida e stretta dove dobbiamo saltare più volte un rigagnolo (il muson) e superare delle balze rocciose arrampicandosi qua e là anche con l'aiuto di una modesta scaletta in legno. qui ci sarà una passerella, indica fregona, per fortuna penso io barcollando sui sassi e andando, con un balzo ardito, ad arrampicarmi sulle rocce. riconosco delle gallerie scavate nelle pareti e non faccio a tempo a chiedere che la nostra guida ci illustra, con grande precisione, trattarsi di vecchie cave di lignite utilizzate anche come rifugi durante l'ultima guerra (*).
continuiamo a salire percorrendo una traccia che va su a tornantini fino a sfociare in un panorama dove è d'obbligo una sosta contemplativa: cima grappa, possagno (e nonostante la mia formazione non sono il primo a indicare il tempio canoviano!), il monte tomba e la monfenera...
si riparte di corsa e, da qui in poi, la faccenda si fa impegnativa. un saliscendi continuo, strappi ripidi da affrontare di slancio e scivoli a toboga in cui ci gettiamo a precipizio. lucio davanti, poi tiziano e samuele, poi io e roby. ma roby taglia un tornante e ridendo mi si mette davanti: sai qui una volta io e il mio fratellino per poco non finivamo in braccio a un gruppo di escursionisti!
lucio propone di salire a san giorgio, il colle più alto, credo, degli asolani. l'unico che tira indietro è roby che evidentemente accusa un po' di stanchezza dalla sfacchinata di ieri a belluno con il costume di babbo natale.
la salita al colle non è dura ma l'affrontiamo in velocità e quando arriviamo in cima mi sento catapultato dal bosco sulla valle di maser. a lato del tempietto neoclassico una struttura in acciaio ospita una campana. samuele agita la corda e la fa suonare.
si riparte di nuovo a tutta nei boschi: discese, ancora salite (ma quante ce ne sono?) sentieri in costa strettissimi e anche un po' esposti che seguono la forma nervosamente sinuosa del colle: curva e controcurva, destra-sinistra, lungo il continuo susseguirsi delle insenature. all'inizio fatico a tenere quella velocità, ma poi ci provo e, quasi quasi, ci riesco anch'io a precipitarmi in caduta libera, aggrappandomi agli arbusti quando i piedi 'volano' sulle foglie di quercia.
tornati sulla strada, per fortuna, ci diamo una calmata e rincasiamo tranquilli affrontando l'ultimo chilometro in salita che il campione sa percorrere a 3'20". ipse dixit!
cambiate le scarpe e i vestiti accettiamo l'invito ad entrare per una tazza di tè caldo. ci facciamo strada fra i mille trofei, le coppe, le targhe e i ricordi delle numerose vittorie e, raggiunta la tavola, troviamo non solo il tè ma anche una torta alla ricotta, squisita, preparata dalla moglie che ce la serve e ci fa compagnia mentre ci ristoriamo.
(*) Nel 1941 a Monfumo si estraevano ben mille quintali al giorno di lignite: una quantità che consentiva di rifornire di combustibile quasi tutti gli impianti industriali del Veneto. La storia del giacimento minerario pedemontano è quanto mai singolare e affonda le sue radici nella prima metà dell'Ottocento quando un'impresa austriaca inizia a scavare in località Val Misera. In realtà questa attività ha breve durata, perché la qualità della lignite non è eccelsa e pur essendo ad una profondità esigua i costi estrattivi non consentono ampi margini di guadagno. Dopo un periodo di disinteresse per questo sito, nel 1890 su "L'Adriatico" compare un articolo che enfatizza la scoperta di un importante giacimento a Monfumo ma a questa ventata di ottimismo sulla possibilità di uno sfruttamento non seguono eventi degni di nota, solo una serie di ricerche e sondaggi. Perché i filoni vengano presi in seria considerazione si dovrà attendere i primi anni Trenta quando la ACAI, tenta nuovamente di estrarre il minerale: impresa però fallisce ma nel 1939 ad interessarsi del sito sarà l'imprenditore asolano Dario Callegari che riapre la miniera austriaca. Dopo il primo anno di attività, si contano già quasi novanta dipendenti, la crisi economica in atto consentì infatti di considerare prezioso anche il minerale di Monfuno. Gallerie e cunicoli esplorarono il sottosuolo collinare di Monfumo per chilometri: solo la galleria "cantiere Piumaella" conta 500 metri, vi sono poi la "Sant'Anna", "Santa Barbara", ecc.. Importanti furono anche le opere di collegamento viario per il trasporto del minerale tanto che fu realizzata pure una linea ferroviaria a scartamento ridotto, di 1.350 metri, che costeggiava il torrente Muson. Nel 1941 si contavano 150 operai ma nonostante il buon esito dell'impresa portata avanti da Callegari, la società dovette cedere l'attività al più danaroso Lanificio Rossi di Schio, per l'impossibilità di aver fondi da investire nello sviluppo della miniera. I vicentini seppero fare di questo sito una "miniera d'oro" i lavoratori divennero quasi subito 280, poi 445 ed in fine 800. Sembrava che questa florida attività, che aveva graziato la gente di Monfumo dall'emigrazione, fosse destinata ad una lunga vita ma con la fine della crisi post bellica e la concorrenza del mercato nord europeo, subì un repentino arresto e nel 1947 se ne presagiva già la fine. Nel 1948 venne abbandonata definitivamente dalla Lanerossi.
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2 commenti:
complimenti, anche per l'approfondimento storico che contestualizza il tutto... come sai, considero la corsa solo un mezzo per conoscere meglio l'ambiente e la storia della terra calcata.
a domenica
Bella sgroppata, che posti dai nomi curiosi e suggestivi :)
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