lunedì 9 giugno 2008

TA - LUT, prova percorso


(c) francesco - checo - zanchetta

sembra un ritrovo di vecchi amici quando scendo dall’auto ancora in moto nel parcheggio della villa gregoriana.
checo, micetto, elisa, titanciano, cris, simone, matteo, ilenia, stefano... saluti, sorrisi, strette di mano vigorose e pacche sulle spalle. e anche qualche bacio-abbraccio, ormai si sa com’è.
fra una battuta e l’altra levo le braghe lunghe, lego le scarpe, stringo la cintura con la borraccia in vita, la bandana in fronte... ecco fatto, sono pronto. gabriele invece ha tutti i suoi rituali, lenti e ineludibili. metti il pareo, leva il pareo... metti questo, cava quello... eh già, è così il mudanda (di nome e di fatto).
chiacchiero un po’ con i due ragazzi di cavalese (o canazei?), poi partiamo tutti in gruppo, siamo una ventina, e dopo pochissimi metri si inizia a salire nel bosco. è umido, molto umido ma per nulla freddo, c'è quell’aria pesante che ti fa sudare e che rende il respiro un po’ pesante. è bello e suggestivo questo primo tratto, ma subito duro, non solo perché è bagnato, ma anche perché non è un vero e proprio sentiero ma una risalita selvaggia tracciata dall’ottimo giocai. cic ciac, i piedi sprofondano nelle pozzanghere melmose, sguisc scivolano sui tronchi viscidi e sulle rocce.
poi il sentiero si fa facile e corribile e ne approfitto per corricchiare-chiacchierare con i compagni d’avventura. sarà anche per questo, ma il tiro di 1000 metri D+ passa in un attimo, eppure l'orologio sostiene il contrario.
siamo al rifugio città di carpi e nel cielo grigissimo i gracchi svolazzano alla ricerca di cibo. noi ci si rifocilla un po’. c'è chi azzanna un panino, chi una barretta, chi tranci ciclopici di pizza margherita.
io mi accontento della minima razione k che mi sono concesso: 5 albicocche secche accompagnate da qualche sorso di borraccia.
alcuni del gruppo sono un po’ impazienti e all’arrivo del mudanda, ultimo in questo primo tratto e un po’ in difficoltà per disturbi vari, scalpitano per ripartire e se ne vanno. legittimo, per carità, solo mi infastidisce qualche battuta poco simpatica e poco in sintonia con lo spirito dei TA (ci si adegua al ritmo del più lento).
comunque sia, ora piove e il k-way è d’obbligo per ripartire in discesa. 7 km di facile e costante discesa con ottimo fondo, a parte pochi di sassi su in alto, fanno sì che questo tratto sia per definizione corribile, ma meglio andare tranquilli e non fregarsi le gambe che la seconda salita si annuncia, già sulla carta, molto impegnativa (D+ 1400).
eccoci in fondo alla val marzon ed ecco il micetto che arriva in derapata, inclinato come rossi al moto-gp. infine è la volta di mudanda con una faccia sempre più scura e tenebrosa, non se la sta passando affatto bene! iniziamo a salire lungo un primo tratto d’asfalto che mi fa storcere il naso, ma subito dopo la salita riprende ad essere sufficientemente "trail". ci accompagna, sempre più forte, il rombo del torrente che in basso a destra, come una lingua biancastra e spumeggiante, si dimena indomito e un po' incazzato. simone celia, non ce la faremo mai a guadarlo. e invece eccoci lì a saltare più volte sui massi bagnati, op-là. attraversiamo i suoi diversi rami che confluiscono a valle. dopo l'ennesimo guado è la volta di una sosta nel tabià, una piccola costruzione in legno, ottimo riparo per una pausa ristoratrice. tutti che mangiano allettanti leccornie e mi invitano ad assaggiarle. io resisto e rifiuto, no grazie. arriva anche mudanda che si poggia pesante sulla panca al mio fianco e senza troppi complimenti mi frega la borraccia, ci versa dentro i suoi sali e me la prosciuga (questo sì che è galateo!). ma non è un problema perché l'acqua certo non manca da queste parti e in particolare oggi con ruscelli un po' ovunque. ripartiamo quindi e attraversiamo ancora il torrente. solo che stavolta non ci sono santi, va guadato alla buona, dritto per dritto, senza balzi né saltelli senza scampo alcuno per i piedi che si immergono nell'acqua gelata. mancheranno ancora 400 metri di salita o giù di lì e sento il ginocchio destro che inizia a dolere (evidentemente non sono ancora guarito, penso bestemmiando) e così, a testa bassa, salgo col mio passo, cercando di non forzare. lento, ma senza soste arrivo su per primo fermandomi all'incrocio con il sentiero che taglia orizzontale la montagna. mi fermo ed ecco checo che in un attimo mi raggiunge. destra o sinistra?, sicuramente destra, ma meglio aspettare. vediamo qualche giacca colorata in alto da quella parte, ma non capiamo se si tratta di qualcuno che sale oppure che scende, o tutt'e due le cose. poi guardiamo in giù e vediamo vari punti colorati di giallo, di arancione, di rosso, di blu... sono gli altri del nostro gruppo che effettivamente sono rimasti un po' indietro. poi li vediamo risalire per la balza erbosa, ci sono quasi... ma ecco il cielo che miracolosamente apre ampi squarci di blu intenso e noi ci perdiamo a rimirare e a chiacchierare mentre il tempo scorre. "ehi, ma qua non si vede nessuno". allora ci risvegliamo e di colpo capiamo che sono andati a sinistra e non a destra, tagliando sotto lo sperone ai nostri piedi. presto li raggiungiamo rendendoci conto che se aspettavamo ancora un po'...
il panorama è mozzafiato e, fra i ghiaioni e i residui nevai, si ergono maestose le vette più alte. attraversiamo alcuni brevi campi innevati qualche dosso su e giù, un po' d'acquitrini e ci infiliamo in una trincea con pareti di neve più alte di noi. eccoci in alto, alla forcella lavaredo ed ecco finalmente, superbe e maestose, le tre cime.
un respiro un po' affannato e un passo di corsa affrettato, ecco elisa che sprizza entusiasmo sbuffando "è bellissimo qui". altra pausa, contemplativa e d'obbligo ovviamente.
ritroviamo anche titanciano che, fuggito coi primi, li aveva poi persi a sua volta e dopo aver un po' girovagato insieme ad altri (era andato a destra sù al rifugio comici, ecco chi era) ci ha raggiunto in piena crisi di fame.
io intanto me la vedo brutta perché non riesco più a correre e a piegare bene la gamba. ma non demordo e appena posso mi avvantaggio camminando svelto lungo gli ultimi saliscendi e poi giù per l'arghena. ma ecco che come un falco mi raggiunge il mudanda, ora in splendida forma (!). mi chiede come va e mi incoraggia a non mollare.
anche se non corro riconosco che il sentiero un po' impegnativo, ma niente paura non è pericoloso, solo un po' tecnico. e mentre cammino dolorante uno alla volta mi passano tutti: mudanda, teomat, titanciano, riczac, elisa, micetto... una volta in fondo alla discesa però riesco ancora a non essere ultimo. il mio pensiero infatti era d'essere un peso per gli altri.
poi, una volta al casello della strada a pedaggio, io, insieme a ilenia, anche lei non troppo in forma, tagliamo giù per la strada asfaltata (più facile e breve) in modo tale che ci ritroviamo simultaneamente alle auto in sosta giù in fondo al lago di misurina.
per fortuna troviamo un passaggio per scendere subito alla villa gregoriana. guida un ragazzo di belluno (anche lui uno di quelli sperduti e poi ritrovati).
il giro è stato splendido, la compagnia di più. non è bastato il male lancinante al ginocchio per guastare il piacere di una giornata così speciale. solo, devo ammetterlo, alla fine ero un po' nervoso e in ansia. erano già le 17 cioè più o meno l'ora in cui sarei dovuto essere a casa dopo aver recuperato il bimbo dai nonni. insomma avevo un ritardo di almeno 3 ore sulla mia presunta tabella di marcia. arrivati all'auto allora cerco con foga il cellulare nella borsa. chiamo selena.... tuuuut, tuuuut:.... fiuuuu! è tutto ok, è solo un po' stanca sì, ma tranquilla. e vico è dai nonni che mi aspetta, senza obiettare.
più o meno è nella stessa situazione anche gabriele e così rifiutiamo all'unisono l'invito di simone a un terzo tempo benfatto, a casa sua. ci spariamo allora un paio di panini al formaggio con il buon titanciano e in gran velocità qualche striscia di crostata alla frutta fatta da mia suocera (autentico doping). poi si riparte di gran carriera e si rientra nella vita di tutti i giorni. due ore dopo ludovico mi abbraccia e mi si accoccola intorno spalla. io chiudo gli occhi e rivedo quelle montagne. allora gli domando: ci verresti con me lassù sulle montagne dove ci sono le vette aguzze?
...
foto di francesco - checo - zanchetta
foto di riccardo - riczac - zaccaria
foto di simone brogioni
foto di matteo - teomat

3 commenti:

Anonimo ha detto...

grande matteo...
mi stava passando il mal di gambe, invece tu col tuo racconto mi ai fatto rivivere metro per metro il percorso con le sue bellezze e le sue fatiche le sue risate e chiacchere, e mi sono tornati tutti i dolori possibili... di la verita ognitanto ti fermavi a prendere appunti.
grazie maurizio....

Anonimo ha detto...

gran bel racconto!
Grazie.
gio

Unknown ha detto...

grande e che dire grande Emme
viva la LULT io domenica vi pensero' anzi gia' vi penso lassù..vabbeh

ciao mitico emme
denise