lunedì 30 giugno 2008

53 km di dolore, la mia LUT


(c) belinda sorice


già alla prima curva nel prato, alle 8.00 e pochi secondi, sento che il ginocchio destro, nonostante i 10 giorni di riposo, mi darà del filo da torcere.
corro, ma non a tutta, giusto per non rimanere imbottigliato. salto un fosso op-là. sono contratto, ho paura, temo il momento in cui il ginocchio inizierà a lanciare segnali di dolore vero. ecco cristina, la saluto, vedo belinda che ci fotografa, ciao, pochi metri avanti a me c’è mau e più avanti ancora teomat che è partito come un treno. e i primi? boh, da subito volati via.
ma ecco che dopo pochissimi metri di salita quei segnali temuti arrivano. come? così presto? provo a stringere il nastro adesivo che mi lega il ginocchio... mi balenano immagini di ritiro in val marzon... o prima ancora... o dopo, a Misurina... no, non voglio! sono venuto qui per concluderla la LUT e DEVO farcela! cammino la salita e senza fermarmi frugo nello zaino in spalla, trovo la bandana bianca e con un brevissimo stop a lato strada me la stringo forte appena sopra al ginocchio e riparto. mi passano diversi concorrenti, mi sfilano al fianco nei tratti corribili, mentre io cammino. alla malga la strada spiana ma io già non riesco più a correre. cazzo! sento una pacchetta sul culo, è vuppauer, che mi saluta sorridente e se ne va di buon passo. riprende la salita e mi scrollo di dosso la depressione iniziando a far mulinare le gambe. mi riaggancio allora al gruppetto con le prime due donne dove c’è anche un tizio, a me noto, non troppo simpatico. porterò pazienza. passiamo al rifugio carpi salutando il pubblico che ci incita e ci applaude, ma il compagno di corsa fiata solo per chiedere il distacco dai primi (con tutte le cose che poteva dire o pensare...).
e poi giù in discesa. di corsa? macchè corsa, ahi, ahi. mi fermo a stringere la fascia, anzi studio una legatura diversa. funziona! allora sì che inizio a corricchiare, poi prendo un po’ di ritmo e riguadagno qualche posizione. comunque scendo tranquillo, con l’unico problema dei tornanti, aiuuuuto... che affronto molto, ma molto larghi.
ma ecco che mi si palesa uno spettacolo demenziale. sempre quello di prima e altri bravi iniziano a tagliare i tornanti, recuperando e guadagnando posizioni, ma soprattutto muovendo sassi e lanciandosi come forsennati lungo tracce incerte nel bosco. e qui mi monta l’idiosincrasia. ma che senso ha? non stiamo mica lottando uno contro l’altro per la sopravvivenza! che valore può avere guadagnare 1 o 2 minuti dando un così evidente spettacolo di antisportività e di mancato rispetto per l’ambiente?
in fondo alla discesa, mentre il “solito” addirittura rischia di saltare il controllo, tant’è la foga di tagliare, saluto simone e mi lascio andare qualche commento polemico. lui minimizza e mi tiene tranquillo. ma mentre riprendo a salire ci penso su e mi convinco che davvero quello non è un bel comportamento. macino strada e rimugino i pensieri, quando affronto il guado del torrente e sento una voce amica che mi saluta con affetto. è giocai, che sposta pietre per facilitare il passaggio dei concorrenti meno agili o un po’ più timorosi. ci scambiamo un paio di battute veloci mentre riprendo a salire fra gli arbusti e mi allontano. fa caldo, molto caldo e la salita è davvero interminabile. non fatico granché però con l’andatura zoppa sono un po’ rallentato. ma eccoci in cima alla valle. chi mi precede piega decisamente a sinistra per tagliare a prendere il sentiero diretto in forcella. non sapendo bene dove andare li seguo, solo che procedere senza sentiero è particolarmente doloroso e sono costretto a camminare nonostante la modestissima pendenza. così guadagno la mulattiera e mi incammino claudicante alla volta della forcella lavaredo con gli occhi pieni di bellezza emanata da quelle splendide cime.
ancora una volta cris, che mi incita a correre, ma io confesso subito il mio stato di difficoltà, poi è la volta di belinda che scherza “almeno fai finta per la foto”.
prendo il sentiero che scende leggermente e attraversa l’altopiano e inizia la fase più difficile di tutta la corsa. il ginocchio proprio non va, cambio più volte sistema di fasciatura. e sono sempre più fermo. bevo a un ruscello, l’acqua è cristallina. alzo lo sguardo e il cielo è blu. passa leo, il bolognese. allora riprendo il cammino. un po’ di salita e poi è la volta dell’arghena. ripida e temuta discesa. c’è niente da fare si va giù con calma, sembra la fotocopia del TA del 7 giugno. solo che quella volta, in fondo alla discesa c’era l’auto ad aspettarmi. qui invece sento una voce che mi dice: “dai che sei più o meno a metà percorso”. “aarghh”, penso io. poi a un tornante un gruppetto mi incoraggia con grande affetto, al che dichiaro deciso ”soffro, ma sono qui per arrivare in fondo”. e uno di loro “ci mancherebbe! certo che ce la fai, tieni duro... come san rocco” io sorrido, sorvolando che lui la piaga ce l’aveva per via della peste...
ecco malga rin bianco e la fontana. ho proprio sete e ho seccato il camel bag. bevo direttamente alla fonte ma c’è lì un simpaticissimo volontario con numerosi bicchieri di plastica che quasi si offende se non li uso. e allora 1, 2, 3, 4, 5 e più bicchierate. poi ricarico la sacca idrica, svuoto le scarpe dei sassi, le riallaccio belle strette... cazzeggio un po’ alla ricerca di energie mentali per ripartire quando nel frattempo arrivano anche cesconetto, vedilei e norberto salmaso. si riparte tutti insieme ma... mi muovo come gambadilegno. la pausa è stata letale. guadagno come posso la strada, poi mi immetto nel sentiero e con grande gradualità prendo a corricchiare. percorro la strada bianca e raggiungo in compagnia il lago di misurina. siamo 3-4 e veniamo incitati a gran voce dal pubblico numeroso in riva al lago. mi sento già ricaricato di buon umore e di coraggio quando poi vedo un bambino, un po’ più grande di mio figlio, ma me lo fa venire in mente, che allunga il braccio e mi offre la mano aperta, serio in volto e conscio del gesto, mi dà il 5. trattengo a stento le lacrime. una cosa così bella, correndo, non mi era ancora mai successa.
dopo poco raggiungo norberto anche lui in difficoltà (borsite al tendine d’achille) e iniziamo insieme la salita, quella che, attraverso forcella delle pale di misurina porta in val popena. salgo gagliardo, sempre e solo camminando, naturalmente, ma di buon passo. recupero molte posizioni, un po’ per il mio buon ritmo, ma soprattutto perché trovo diversi concorrenti in difficoltà. mi viene spontaneo spendere per ciascuno una parola di conforto, una pacca sulla spalla, un incoraggiamento a non mollare. adesso che sto benino devo aiutare io chi è in difficoltà, questo è lo spirito trail, no? valicando la forcella raggiungo cesco e vedilei e fatico non poco a tenere il loro passo (qui si corricchia, ahi, ahi). in fondo alla valle abbiamo un attimo di incertezza. enrico va alto a guadagnare quota, comunque la forcella popena è lì davanti. il cesco è un po’ stufo, dice lui, ci fermiamo un attimo allora per guardare il panorama. mozzafiato. bellissimo (non ero mai stato qui e sono rimasto letteralmente incantato. forse il passaggio più bello di tutto il percorso).
la discesa è tecnica, molto tecnica, una traccia incerta affronta a zig-zag un ripidissimo ghiaione. io scendo come posso potendomi fidare di una gamba sola, mi aiuto anche con le mani, faccio un passo alla volta alla ricerca dell’appoggio più stabile. ovviamente enrico, cesco, norby e tanti altri mi volano via. mi sento un imbranato. poi, mi faccio coraggio e, a pieppari salto sulla ghiaia. e giù stile snowboard... ma la pacchia finisce presto e ho un paio di chilometri di sentiero da affrontare a denti stretti prima dia arrivare alla strada forestale. tengo duro. maledico i sassi, le balze, ma anche l’amato sottobosco, poi il terribile passaggio sotto al ponte del rudavoi. il road book mi conferma che sto passando per la mia prima volta il 42°. ci sta un sorriso. da qui dovrebbe mancare non più di un’ora. mi pare infatti di corricchiare ad un ritmo, per me non usuale, che potrebbe essere pari a 6 al km. qualcuno mi urla “daaaai, bravo”, è ticci, fantastico, che entusiasmo, grazie, grazie. mi indica la via per guadare il torrente. io faccio di testa mia e vado dritto, poco male. riprendo a scendere ed ecco norberto ed poi anche cesco. corriamo insieme gli ultimi chilometri. ci diamo coraggio, ma anche ci scherziamo su. o forse sono solo io a prenderla in ridere definendoci “il gruppetto dei disperati”. comunque sia è bello procedere insieme e quando troviamo qualcuno lo incitiamo e lo invitiamo ad agganciarsi. ma, quando si cammina nella foresta di somadida, difficilmente è un problema passeggero.
a un certo punto si sentono le voci dello speaker, simone, e capisco che è fatta. cesco e norby proseguono io rallento. mi sento improvvisamente esausto. pago, ma finito. passo il ponte e risalgo la riva sinistra affronto il prato e cerco con lo sguardo il profilo della casa gregoriana. ma non lo vedo ancora, si zigzaga nei prati del campeggio poi boh non so, ma ecco finalmente l’arco gonfiabile e simone che fa il mio nome, e pronuncia il mio nick. passo il traguardo e tento afasico una risposta alle domande di simone. con la medaglia al collo vado a scaraffarmi un po’ d’acqua, poi mi butto nel prato estraggo il cellulare e chiamo selena. “sono arrivato, mi ha fatto male dall’inizio alla fine, ma ce l’ho fatta”.

ps
non ho parlato di tante cose, ma non le ho dimenticate.
non ho parlato del giorno prima, del clima di festa, dei tanti amici con cui ho trascorso bellissimi momenti del pre e del post. non ho parlato della splendida organizzazione, la migliore fra quelle che ho finora provato. non ho parlato di come ho gestito l’acqua e l’integrazione energetica (ammesso che a qualcuno possa interessare confrontarsi con la mia esperienza). non ho parlato delle gambe tutto sommato fresche e del ginocchio dolorante del giorno dopo. non ho parlato dei rifiuti che ho trovato per terra, gettati dagli altri concorrenti, che ho raccolto e portato all’arrivo. non ho parlato dell’ottimo cibo offerto al ristoro, né del prosecco e del simpatico responsabile della cantina. non ho parlato della birra bevuta in camper con stefano, né della notte trascorsa insieme... insomma non ho parlato di moltissime cose, troppe forse, ma la LUT è..............

4 commenti:

gio62 ha detto...

Complimenti EMME, benvenuto nel mondo degli ULTRATRAILER !!

krom ha detto...

bravissimo matteo, leggo solo ora, per lontananza dal web. sei davvero in gamba a scrivere, e te l'ho sempre detto, ma anche e di più a correre. con un ginocchio malconcio per giunta.
benvenuto davvero tra gli ultratrailer. ma si può dire o è marchio registrato :PPP

CORRO ha detto...

grande MATTEO...
trail fatto tutto di testa...
vedo che avevo dei problemi io con il mio stiramnto mai curato...
ma anche tu non eri per nulla messo bene, e come si dice.....
e qui che si vedono gli uomini duri...non mollano maiiiii....

Furio ha detto...

Grande Emme, hai corso con il cuore, peccato per l'incazzatura...e quel comportamento poco simpatico di quei "trailers".
Ora pensa rimettiti con il ginocchio, auguroni
;)