Non che abbia mai smesso di amare la corsa, ma ultimamente i casi della vita mi hanno costretto a trascurarla un po', a causa di faccende urgenti e necessarie, come il lavoro e gli impegni familiari.
E così quando Enrico Pollini mi ha invitato a quest'evento l'unica cosa che sono riuscito a pensare è stata: "spero di essere libero quel giorno". L'ho segnato in agenda, l'ho fatto segnare anche alla mia dolce metà e i mesi sono passati.
Ogni tanto giungeva una mail di aggiornamento, una scansione di articolo di giornale, negli ultimi giorni poi c'era pure stato qualche brontolio nel Forum di Spiritotrail, ma nulla che veramente avesse ridestato in me la curiosità o la voglia di correre un ultratrail, al limite provavo un po' d’ansia per il mediocre stato di forma...
È sabato sera, ho liquidato il lavoro in orario decente ma ho ancora una montagna di cose da fare per la TCE e devo preparare la borsa...
Con la tecnologia degli orologi non ho proprio confidenza e la sveglia non suona. Fortuna vuole che io apra gli occhi lo stesso a mattino presto vedendo filtrare un po’ di luce biancastra dalle fessure delle tapparelle. Mi preparo alla svelta e scendo in strada ad attendere il buon Fabio che mi darà un passaggio.
Ci troviamo a metà strada anche con Davide, quindi coi veneziani, infine giungiamo a destinazione per il parcheggio delle auto e di lì a piedi fino al punto di partenza: il salotto buono di Vicenza, le piazze in cui sorge uno dei gioielli di architettura più famosi al mondo, la Basilica Palladiana.
Ci raduniamo tutti, baci e abbracci, quattro "ciacole" e un caffé, poi si va su nello studio di Enrico a cambiarsi e a prepararsi.
Indossiamo i pettorali e, soprattutto, tutti la stessa maglietta realizzata per l’occasione. Ecco l’emozione che sale. Ora c’è tutta la trepidazione per un grande trail e per un’avventura da percorrere insieme: 17 maglie color giallo sgargiante e 2 splendidi cani si avviano verso sud ad affrontare la spettacolare prospettiva settecentesca del monte Berico. Varchiamo un cancello arrugginito e poco dopo mi rendo conto di aver voltato pagina di essere uscito dalla civiltà attuale per entrare in una dimensione atemporale, onirica forse, una bolla senza tempo in cui la natura e l’uomo non sono la natura e l’uomo cui sono abituato.
ULTRABERICUS non è il nome di un trail, ma di un’isola che non c’è.
Boschi in abbandono con alberi abbattuti dal vento, macchie di cespugli spinosi impenetrabili, animali selvaggi che fuggono leggeri risalendo i pendii, piume di rapaci notturni sparpagliate sui sassi, infide rocce verdi e rocce riarse da millenni di sole, memorie di litorali erosi da oceani antichi, cenge albine, placche scoscese, passaggi fra rovi e grotte in cui gli avi hanno trovato rifugio e pregato i loro spiriti, capanne di sassi, di rami e di fango, scoline disegnate da mani sapienti, il mistero d’un lago inaspettato, e ancora ville, parchi e filari…
Eccoci all’ultima discesa, la scalinata dell’arco di trionfo, oltre il quale c’è di nuovo la città. Gli ultimi flash e attraversata la strada, rientriamo increduli nel tempo in cui siamo, correndo ovattati nelle vie del centro. Qualche applauso dal fondo del gruppo compatto e ringraziamenti a gran voce per Enrico che ha immaginato questo sogno e l’ha voluto condividere prima di tutti con noi, qualche incitamento per i più stanchi e acciaccati, gli ultimi metri e varchiamo le colonne di Piazza.
Grazie.
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