lunedì 25 febbraio 2008

into the sky - il 5° trail autogestito, "le cinque creste di vittorio veneto"



che corsa! se dovessi scegliere il più bel percorso fra i quattro trail autogestiti cui ho partecipato, be' non avrei dubbi. sicuramente voterei questo, "le cinque creste di vittorio veneto". a dir poco stupendo, ideato da stefano e gianni, i cimbri dell'ecomaratona, e duro, molto duro: 1750 metri di dislivello positivo in poco più di 20 chilometri. su e giù per i colli, nei boschi e nei prati, fra le rocce e i primi fiori (di erica e di viola), e poi su a correre in cresta sul filo del rasoio, a toccare il cielo ...

ma non precipitiamo, non facciamoci prendere dalla fretta di raccontare tutto subito e partiamo, come si conviene, dall'inizio, per procedere poi, come fa un vero trailer, con il ritmo giusto...

che l'inverno stia ormai finendo lo si capisce anche dal sole, già alto alle 7 e mezzo quando salgo in macchina per andare a cornuda alla volta di roby e del fratellino giorgio, il fioldelbosk. ma l'inverno ha ancora qualche cartuccia da sparare e, con un colpo di coda, ecco una delle ultime gelate.

occhei... stop! scendi dall'auto e gratta i finestrini. fortuna che lo strato è leggero e dopo un'attimo sono lanciato sul rettifilo della feltrina.
- con quale andiamo? -, - e me lo domandi? - rispondo a roberto. - con quella nuova, del fratellino, così la proviamo -. dodge caliber, mai sentita, un macchinone grigio... ma poco importa è spaziosa, comoda e ha un'impianto stereo da paura!
al solito cazzeggiamo parlando del più e del meno, di corsa e di corse ovviamente, ma anche di ciò che, a dire il vero, più d'ogni altra cosa anima i nostri istinti (siamo alle solite).

passiamo il ponte nuovo sul soligo, superiamo refrontolo e in un'attimo siamo in piazza a vittorio veneto, anzi a ceneda [1].fa un po' impressione parcheggiare di fronte alla loggia del sansovino, tra la facciata del duomo e la bella fontana coi putti in cima alla scalinata. sembra quasi di profanare un salotto buono, ma ci si abitua subito. questa oggi è la nostra piazza, casa nostra, forte no?

i più del gruppo sono già lì che c'aspettano. ci guardano con le facce un po' stranite. chissà perché? saranno un po' infreddoliti, forse. si scende dall'auto, i soliti saluti e roby attacca con battute da caserma. ma ecco che arrivano mudanda e i veneziani. siamo tutti, ci contiamo, mi annoto i nomi: 27. però!

pronti? via. su per stradine e sentiero a zigzag verso il castello dei vescovi [2], il primo santuario e la prima delle cinque creste: il colle san paolo. il sentiero è ripido ma si va su tranquilli parlando anche un po' di cinema, di archeologia e di leggende.
di nuovo compatti si scende per un bosco dove ringrazio la new balance per l'ottimo grip delle mie nuove pepè da corsa "off road".
ma non c'è tanto da scherzare perché le creste sono 5, quindi si passa subito alla seconda.
..zzo che salita! su per le rocce con salti, balzi, passi da gigante, ampi e muscolari step, ma anche tirandosi su con le braccia, con tutta la forza, quando il passo è più lungo... della gamba. ma francesca sale su che è uno spettacolo, agile e leggera come uno scoiattolo - sei proprio forte - le dirò poi. e lei - sai da piccoli si giocava a correre nei boschi -. - ah! -.
siamo alla cima, con tanto di croce, e via in cresta tra le rocce. funi metalliche, ancora balzi e tutto il repertorio degli stambecchi. poi ancora un po' di relax e chiacchiere, ma non troppe perché si prende un sentiero impegnativo che con saliscendi da montagne russe e poi con salita vera ci conduce in vetta per la terza volta. il monte baldo con un'altra croce, di legno, e il visentin sullo sfondo che pare guardarci. al suo fianco il fadalto, e la striscia di cemento-asfalto che, alta sui trampoli, risale la valle. seguendo con gli occhi il profilo delle prealpi non ci resta che pensare al gran raid del 25 maggio. 59 chilometri e 3.000 metri di dislivello. e cesconetto - sono tanti sai! -. - ma va? -.

giù in picchiata nel bosco con il cimbro, stefano stavolta, in testa a tirare il gruppo. troviamo gli scout che armati di machete e badili puliscono e riparano il sentiero. li salutiamo grati e con calore - bravi! - diciamo. e loro a noi - grazie. e pestate, pestate. pestate bene che compattate il terreno! -.
intanto il cimbro e pochi altri hanno guadagnato metri. giù per i tornantini stretti che portano fuori dal bosco. sento una voce che mi dice - buttati! -, - ma no - faccio io, - buttati! - insiste. e così mi butto, come un sasso che rotola, giù dritto senza scansi tagliando tutti i tornanti fra rami arbusti, sassi e rovi.-. uno, due, tre, quattro... li passo tutti. solo stefano rimane davanti quando con le gambe graffiate e sanguinanti ricalco il sentiero. stefano spinge, ha una bella corsa, potente ma composta. alzo lo sguardo e siamo a serravalle di nuovo giù fra le auto.
attraversiamo la splendida piazza e con lei la gola della valle, una sosta alla fontana monumentale ai piedi della scalinata e poi si riparte sgranati. anzi c'è chi si è avvantaggiato. e allora ne faccio una questione di principio e un pretesto per allenarmi un po'. su a prenderli tutti. l'ultimo è il giornalista, bardato di pile e col berretto calato in testa (per evitare spiacevoli problemi di salute. bella sfortuna, come fa con sto caldo?). alla chiesetta di sant'augusta l'ho ormai preso e così andiamo su insieme lungo il sentiero. qui il passo è più efficace della corsa. e così provo a spingere un po' (pensando al monte della madonna in vista del prossimo 13 aprile). ci fermiamo ad aspettare. così vediamo passare il cesco e paolo che vanno su diretti al pizzoc (roba da matti!). poi arrivano il cimbro e i soliti del gruppetto di testa. riprendiamo allora a salire gli ultimi 150 metri di dislivello che aggiunti agli altri fanno 460 su quest'ultima cresta. in fine si scende, ancora una chiesa, e l'ultima cresta. eccoci all'ultimo vero, grande, spettacolo: wonderful.
si corre veloci sulle rocce o nel solco incavato nel terreno erboso. a destra lo strapiombo, con qualche arbusto, a sinistra una pendenza più umana o perlomeno non mortale. - è una corsa sky - urlo a stefano cimbro, facendo attenzione a non inciamparmi. lui ghigna e allunga il passo zigzagando svelto e senza paura... sul filo del rasoio!

dalla madonna della salute si rientra gradualmente all'ambito urbano, alla normalità, al quotidiano. e già avanza la nostalgia. proprio così. non è ancora finita la corsa che già mi mancano quelle emozioni e quei brividi... vabbe' non ci pensiamo e via sotto i portici che ci conducono in piazza, dove ci attende una gran festa. un ristoro finale, autogestito, a base di salami, ossocollo e formaggi, pane a volontà, torta salata alle zucchine, torta alla ricotta, torta al cioccolato, crostata bigusto, biscotti al cioccolato, cantucci, cioccolata, arachidi e vino (evaporato subito), ma anche succhi di frutta, gatorade e una fontana d'acqua freschissima.
tutto splendido.
unico neo: mudanda e la sua giornata no. forse un po' di stanchezza (150 km 'sta settimana, no bruscolini), il male ai piedi, un po' di pensieri... e le chiavi della macchina perse nei boschi. non c'è bestemmia che tenga. ma alla fine è passata anche questa - no gabri? sarà per la prossima -.
- sai io e roby ci stiamo già pensando, si va sul Grappa sabato 22, quello prima di pasqua. ah, ho già in mente un premio per tutti i partecipanti! -.

1 -
http://it.wikipedia.org/wiki/Vittorio_Veneto - http://www.tragol.it/TV/Vittorio/VITTORIO.HTM - http://www.wikitravel.it/world/Vittorio_Veneto
2 - http://it.wikipedia.org/wiki/Diocesi_di_Vittorio_Veneto
3 - http://www.runningteam.org/home.html
4 - http://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Augusta
_ le splendide foto del percorso (photogallery)- link
_ le foto del TA by giannicimbro - link
_ l'adrenalinico video del TA by stefanocimbro - link
_ da il gazzettino (tommaso bisagno)

lunedì 11 febbraio 2008

chi l'ha detto che...

chi l'ha detto che correre su strada fa schifo?
no, io no di certo. non l'ho mai pensato, anche se sì è vero andare per sentieri è tutta un'altra cosa. ma, c'è modo e modo di correre, procediamo quindi con ordine.
partiamo da una semplice quanto banale considerazione. lungo un circuito cittadino, ma anche lungo un argine mono-tono ciò che il luogo trasmette sono infimi, essenziali, segnali, minimi avvertimenti che cogliamo quel tanto, o quel poco, che basta per non perdersi. il rapporto sinestetico che si instaura invece durante una corsa trail è un'esperienza ricca, colorata, variopinta e profumata, fatta di continue viste, scoperte ed emozioni.
detto questo parrebbe logico, quasi matematico, concludere che la prima delle due fa schifo mentre la seconda sì che è bella. e invece no, perché la corsa in quanto tale ha un valore estetico e di esperienza. un valore intrinseco che non dipende da ciò che sta intorno ma che anzi è una questione assolutamente intima, che riguarda il proprio corpo come motore e come macchina e quindi: la respirazione, il battito, il metabolismo, la distruzione cellulare, la produzione di lattato e, naturalmente il movimento, con la rotazione delle gambe e l'appoggio, la spinta efficiente ma leggera sulla membrana dura dell'asfalto, le contrazioni e le distensioni dei fasci muscolari, il gesto continuo, ripetitivo, senza fine... - quasi. e la corsa su strada è una manifestazione alta della corsa pura, astratta, essenziale, è quindi il massimo per il raggiungimento di quella, quasi mistica, ricerca e percezione di sé come "uomo che corre".
si tratta però di una condizione difficilissima da raggiungere, come una specie di pratica zen, fatta di altissima concentrazione e volontà. e che è, quasi inevitabilmente, esclusiva di una pratica agonistica ad alti livelli. e non è una questione di cronometro, che è solo una diretta conseguenza, ma è piuttosto un problema di quantità, di intensità e di qualità.
ma non mi dilungo, anche perché non vorrei andare oltre le mie modeste possibilità e mi rifaccio piuttosto a chi sì sa scrivere davvero e ha saputo descrivere l'essenza della corsa, già a partire dal titolo e dalle primissime righe di un gran bel romanza (che non parla solo di corsa, però): Mauro Covacich - A Perdifiato, Mondadori, 2003 - Einaudi, 2005.
ma il bello è che mentre mi appassiono alla sua lettura rivivo quel breve periodo in cui nel mio piccolo mi sono avvicinato un po' a quella sfera ascetica culminando nella mia prima e unica maratona. intanto però, mentre rielaboro quei ricordi così intimi e segreti, ieri, dopo un po' d'astinenza, sono tornato sui colli. i miei amati colli euganei. che emozione! illuminati da uno splendido sole di fine inverno, con i primi fiori bianchi e azzurri a spuntare nei prati, le sagome maestose e un po' brute dei castagni secolari, le rocce coperte di opunzie appassite...
che dire a questo punto?

lunedì 4 febbraio 2008

per Zeus! il quarto trail autogestito



Un unico rumore incrina il silenzio della notte ancora buia.
Dlin - Dlin – Dlin...
Le sbarre del passaggio a livello si stanno alzando e immagino Roby che riparte sgommando sull’asfalto bagnato. Così, dopo un minuto, ecco i fari che spuntano dalla curva a gomito di via Castello e monto su.
Sono tre settimane che non ci vediamo e nei venti minuti che ci separano da Treviso sud riusciamo ad aggiornarci di esperienze importanti che guarda caso...
Poi via con Mudanda, in mercedes, ed è tutta un’altra cosa. Stravaccati sui sedili in pelle nera andiamo subito al dunque parlando di corse e di corsa e da lì poi è piacevole, e confortante, il divagare.
Ma intanto fuori piove. Piove a Mestre, piove a Padova. Piove a Rovigo e a Ferrara. Piove a Bologna...
Giove, o dispettoso, ti sei forse risentito per la nostra baldanza che ci torturi con tanto campionario di precipitazioni? Ma ancora in effetti non abbiamo visto nulla.

Al raduno siamo numerosi, un brulicare di punti colorati lungo la lingua argentata del lago gravata dalla coltre pesante delle nuvole basse.
Riuniti in gruppo come a una gara muoviamo i primi passi sull’asfalto assecondando la riva occidentale del Brasimone. Ma da qui in poi, devo ammetterlo, non ho un ricordo preciso e lineare... solo frammenti confusi, attutiti e, guarda un po’, anche annebbiati.
Non ho il ricordo preciso di quando la nebbia sia diventata pioggia e questa poi pioggia ghiacciata e dopo ancora neve, prima fine poi grossa, per poi tornare ad essere ancora pioggia.
Ma se chiudo gli occhi rivedo le foglie morte in cui ci sprofondano i piedi fino alle caviglie, tanto in salita, dove avanziamo leggeri con piccoli passi per non scivolare, quanto lungo le discese insidiose in cui ci lasciamo scorrere e dove a capofitto ho osato sfidare Micetto.
Rivedo le radici scivolose e i rami degli arbusti che mi sferzano addosso dai margini della boscaglia. Rivedo come un flash il tronco abbattuto che ci sbarra all’improvviso la discesa e gli spezzoni di rami che ci puntano minacciosi.
Rivedo quello che non abbiamo visto alla terrazza del “belvedere” un tuffo romantico nella gola profonda del nulla e dell’ignoto – oltre quel muro di nebbia vi doveva essere il lago di Suviana.
Rivedo i capitelli, piccoli manufatti in pietra arricchiti di maioliche o di iscrizioni scolpite.
Rivedo le pietre per terra a scaglie grigie e verdastre, lunghe e affilate.
Rivedo la fonte e le poche case in pietra di Chiapporato. E insieme risento quel rumore d’acqua nel bidone in lamiera che mi ha fatto trasalire e immaginare di vedere qualcuno, magari una delle due sole persone rimaste ad abitare quel posto.
Vedo le prime tracce di neve per terra quasi invisibile, simile a granita squagliata, ma via via più bianca fino a coprire del tutto il letto di foglie brunastre di faggi e castagni. E insieme rivivo l’emozione di lasciare le impronte croccanti nel manto soffice e intatto appena deposto.
Rivedo i castagni secolari dai tronchi maestosi, sia quello sano e vigoroso che quello spezzato e ormai marcescente.
Ricordo comunque che sempre c’è stato il lagotto, quel cane peloso che dall’inizio alla fine ci ha accompagnato nella corsa precedendoci o seguendoci e che a volte ha rischiato di farci cadere per il suo incedere irregolare e improvviso.
Risento infine il peso faticoso e il classico cic-ciac delle scarpe fradice durante gli ultimi chilometri e le mani dure e insensibili quando all’auto tentavo di cambiarmi gli indumenti bagnati.

Se in qualche maniera me la sono sbrigata a riferire di luoghi e sensazioni, non so che dire dei volti e delle parole, degli sguardi, delle battute e dei sorrisi. Non posso certo tradurre in prosa quelle emozioni quella tempesta vitale di gioia e ottimismo che ho guadagnato e che mi accompagnerà per un pezzo. Ma una cosa sì posso rischiarla un ringraziamento di cuore, a Giovanni, magnifica guida, magnifico interprete di questa faccenda straordinaria che chiamiamo ‘trail autogestiti’.

le foto: link


approfondimenti:
-
parco di Suviana e Brasiamone 1
- parco di Suviana e Brasiamone 2
- parco di Suviana e Brasimone 3
-
laghi Brasiamone e Suviana (paesaggi elettrici)
- Chiapporato
- il lagotto