giovedì 27 dicembre 2007

natale a tutta



vacanze di natale atipiche queste del 2007.
vacanze in cui non posso non pensare agli anni scorsi e a tutto quello che è successo.
vacanze felici ma in cui riaffiorano i ricordi e con essi il dolore.
vacanze trascorse in famiglia, ma senza mamma e papà.
vacanze diverse in cui vedo, sento, vivo tutto in maniera diversa.
vacanze senza indigestioni o inebriamenti, di festa pacata e misurata, goduta fra risotti e lessi, tagliatelle e arrosti, tortellini, cotechini, anatre e ossocolli, frutta secca, torrone, tiramisù e panettoni...
pochi pacchi, piccoli pensieri, per il piacere di stare insieme: cin-cin, prosit, cheers!
vacanze atipiche queste del 2007 in cui sono i chilometri a pesare sulle gambe ed è l'acido lattico a riversarsi copioso nel sangue...
vacanze di corse, tante e diverse. in collina, in montagna e in pianura, da solo e in compagnia, allenamenti e gare, i colli asolani, cima grappa, il mulino caberlotto, la corrida di santo stefano. chi più ne ha più ne metta.

sabato. se al mattino sono ancora a padova, nel primissimo pomeriggio, a cornuda, sono già pronto per correre e fischio - Fiiiu-Fiiiu - a roby per avvisarlo che sono arrivato. ma apre lucio e vista la mia faccia scoppia a ridere: "ci sei rimasto male?". "male no, sorpreso sì però".
partiamo, in tre, attraversando cornuda e ripercorrendo i primi tratti della 'due rocche' [1], saliamo il monte sulder, poi il collalto e il mostaccin nei 'soliti' boschi meravigliosi guardando i 'soliti' panorami incantevoli: la pianura e il piave, le colline e le montagne (leggermente offuscate da un'aria un po' umida che preannuncia l'incrinarsi del tempo). strappiamo in salita, tanto che in cima ci arrivo con smorfie tragiche, e allunghiamo in discesa, dove cerco di non ammazzarmi inseguendo quel capriolo di lucio che scivola leggero, come il vento, tra le foglie. su e giù per le colline, su e giù, ne perdo il conto, bivi e zig-zag, perdo la bussola, non so più dove siamo[2,3,a,4,b]. dentro una grotta scavata dai soldati, ci infiliamo in un tunnel fino a una bocca minuta che guarda a valle: il piave (5,c). su e giù, su e giù. e lucio che ci incita a spingere e ad aumentare. finalmente in rocca, quella di cornuda [6,7]. l'ultimo sguardo a valle e l'ultimo aneddoto della giornata: il rovere secolare dove è apparsa la madonna [8]. l'ultimo allungo e l'allenamento con il campione è terminato. indugio a rientrare bevendo sali e perdendomi in chiacchiere. con le gambe esauste riassaporo il gusto di un allenamento a tutta come quelli di anni fa con il 'barc' e i 'fioi' sugli argini del bac-bach-bacchiglione.

lunedì. il cielo è grigio, gonfio d'acqua ma, clemente e non piove. passiamo per cornuda a recuperare roby e checo, poi con due auto ci dirigiamo a crespano del grappa fin su alla madonna del covolo [9,10,11].
parcheggiate le auto, salutiamo selena e vico e il nonno. loro vanno a passeggio noi su per la ‘direttissima’. dopo una prima rampa erta di strada con i muscoli ancora freddi e indolenziti, finalmente il sentiero, stretto, si infila nel bosco e inizia a salire con mille tornantini la ripida e scoscesa parete sud.
ciascuno col proprio passo si suda arrancando fra le radici e i massi umidicci e scivolosi. un escursionista mi raccomanda attenzione “oggi si scivola”. “sì, sì, me n’ero accorto”.
fuori dal bosco si calca la poca neve scricchiolante caduta durante la notte – cric, croc – che però salendo aumenta sommandosi a quella della settimana scorsa. la pendenza cala e per prati innevati ed ecco il rifugio treviso. qui ci si aspetta e poi, tutti insieme, saliamo alla cima, all’ossario, che è luogo sacro e di morte, di retorica e di stupidità [12].
nebbia dappertutto, non si vede nulla. scendiamo la gradinata innevata in un’atmosfera da sogno. fra due ali di steli monumentali che ci accompagnano alla chiesetta dov’è la madonna con il piede rotto da una bomba [13]. con una breve deviazione raggiungiamo il monumento al partigiano – mozzafiato – di bepi davanzo (architetto), augusto murer (scultore), andrea zonzotto (poeta) [14,15].
in discesa prendiamo la mulattiera, “più chiacchierabile” dice roby (!), poi molliamo i freni e giù in picchiata con le gambe che si incalcano, i muscoli che si macinano e si frollano per bene.

martedì
si corre anche a natale. e che sia natale me lo ricorda una ragazzina in bici, flesciata (?) che incrociandomi mi urla “auguri” e io “sì, grazie, anche a te” ma così sottovoce che quasi non lo sento neanche io.
è una corsa rilassata con una meta sì, ma senza impegno, così per fare, e per sciogliere – speravo – le gambe.
l’aria è fresca ma il sole scalda e fa sudare. ricalco gran parte della maratonina di musano aggirandomi per stradine nei campi della piatta e magra campagna di trevignano. al mulino si gira verso sud e si inizia a rientrare, per campi e ‘prai’ [16, 17]. poi per strade lunghe e monotone con il fuoco fisso sul campanile “con cupola a cipolla”, quello che, come ricorda spesso ludovico, “l’ha fatto il papà del nonno” [18].

mercoledì
non so quanti gradi sottozero, ma fa freddo, un freddo vero. il sole è ancora basso tanto da sfiorare appena il terreno senza però rischiararlo. è un gelido santo stefano. in coda per l’iscrizione si perde la pazienza per i vuoti vistosi dell’organizzazione. ma ecco checo “anche tu qui?”. poi all’auto per cambiarmi e andare a questua di uno spillo – per una volta che me li dimentico - sic, uno di numero e con quello mi appendo pettorale e cartoncino. un unico spillo in alto al centro confidando nell’aiuto dell’aria per tenerlo disteso e aderente al corpo.
corricchio su e giù con le gambe di legno e, a meno cinque minuti dalla partenza, mi imbuco per un goccio di pipì - eh sì sono un emotivo!
ecco roby e così fra le chiacchiere sfumano gli ultimi minuti e l’occasione di un riscaldamento adeguato. sono già tutti accalcati alla linea di partenza e noi ci infiliamo di lato proprio sul ciglio del fosso più o meno in quarta fila. roby non è convinto ma io mi colloco deciso seppure un po’ preoccupato prevedendo una partenza da paura.
e così è - Pum – lo sparo - via sul ciglio strada facendo lo slalom fra i corridori e, dopo forse trenta secondi, il primo giro di boa intorno a tre bidoni di lamiera. un ‘inversione a U nello spazio di pochi metri. appena dietro di me vanno a sbatterci contro – Sbum, Sbam.
comunque sia, siamo partiti. e ora si tratta di correre e basta per sei giri di questo circuito stretto e nervoso, senza riferimenti chilometrici, a sensazione, per un totale di 9,85 km. a tutta, almeno rispetto alle mie possibilità attuali e al sovraccarico dei giorni scorsi. mi difendo senza brillare e con l’impressione di non essere riuscito a dare tutto al quarto e al quinto giro. ma va bene così, anzi molto bene, al traguardo il cronometro segna 36’26” per una media di 3’42”min/km, la mia velocità più alta, quest’anno. sono soddisfatto.
mi fermo a guardare le altre gare. ora il sole è caldo ed è così bello vedere correre i ragazzini... [19].

ma le vacanze continuano e le corse pure.

lunedì 17 dicembre 2007

sul pastel c’era la neve. ecco la cronaca del trail autogestito Valpolicella Pastel


molina di fumane [...]

puff, puff... puff, puff... puff, puff...
poco più di un fruscio è il rumore dei passi sulla neve fresca, farinosa e leggera, mentre ricalchiamo le impronte delle volpi che ci hanno preceduto.
finalmente la neve, invocata e sfidata, eccola come zucchero a velo sul manto di foglie, eccola a crepitare schiacciata dai passi lungo il pendio imbiancato che dal limitare del bosco ci conduce alla cima del monte Pastello, il punto più alto della dorsale che separa la valle dell’Adige dalla grande valle di Fumane. un’occhiata a sinistra a cogliere il Garda con la delicata Sirmione appena visibile, la mole del Baldo e il serpentone reboante dell’autostrada. a destra le dorsali della bassa Lessinia coronate dalle bianchissime vette delle Piccole Dolomiti sullo sfondo. la cima del monte è deturpata dall’uomo con una selva di ripetitori senza regola, senza qualità, manufatti abbozzati, improvvisati, incompiuti...
ma questa è solo la prima tappa di un lungo e impegnativo trail, organizzato da Francesco, con Mauro e Paolo, che dal Pastello (Pastel) ci ha portato al Forte Masua e al monte Pastelletto (Pastelet), ai paesi di Breonio e di Molina, per poi farci discendere lungo la valle del Progno e tornare a Fumane dalla cui piazza eravamo partiti.
Boschi, valli e pascoli, poche case perlopiù stalle, cave di marmo e di pietra ma nessuna, o quasi, anima viva. è vero che è domenica mattina ma l’impressione è che qui della frenesia imprenditoriale del nordest non sia arrivato granché e nemmeno del turismo del Garda o di Verona, sembra proprio che questa terra, ancor più delle altre nostre prealpi, subisca quel destino comune a tanta parte di territorio montuoso italiano. destino che porta il nome di abbandono, ahimè, di territorio in svendita e da usare, se qualcuno ne ha voglia, senza troppi sofismi (ecco il perché di quei ripetitori e delle ignobili costruzioni degli ultimi trent’anni!).
prima solo le corna, poi tutto il resto e con tanto di barba, una capra spunta da in cima al forte massiccio e poligonale, brucando un’erba, forse speciale, e guardandoci curiosa da dietro l’inspiegabile rete metallica che ci separa.
ancora salita a farci superare i 1.100 metri di dislivello positivo, in compagnia degli immancabili motociclisti che però in discesa troviamo fermi fra le rocce mentre cercano di portare giù in qualche modo la loro compagna metallica.
- e a questi piacerebbe la montagna? - domanda krom – sì, come piacciono le donne a quelli che le stuprano – rispondo io, con un sarcasmo così caustico che mi faccio venire i brividi da solo e che soffoca sul nascere qualsiasi altro commento possibile.
proseguiamo in relax a ranghi compatti verso Breonio dove onoriamo la fonte con l’acqua di sorgente, e ancora avanti verso Molina dove le cave di pietra paiono segni di un morso gigante, ampie ferite nella schiena della montagna.
case di pietra, tetti di pietra, corti pavimentate e recintate con lastre ciclopiche di pietra... pietra dappertutto compreso ovviamente il campanile del ‘700. un villaggio dove si possono osservare non solo i tipici elementi architettonici della Lessinia ma anche le famose cascate... o meglio, dove si potrebbero osservare, se solo l’ingresso non fosse chiuso e protetto da cancello invalicabile. così scendiamo lungo il sentiero che costeggia il confine ampio del parco, lungo cui stanno erigendo una ingiustificabile recinzione alta due metri, fatta di paletti e rete metallica elettrosaldata (quella che si usa per il calcestruzzo armato, per intendersi). ma calati nella gola del Progno tutto l’amaro svanisce in un attimo, rapito dalle sue correnti indomite, disciolto nel nitore del suo fluire.
che favola. una gola profonda scavata nella roccia da acque limpidissime e apparentemente innocue ma forti e laboriose. un sentiero stretto a volte incerto ne costeggia la discesa e i vari mulinelli. passerelle in ferro o in legno con funi metalliche tese a mo’ di parapetto permettono di attraversarlo ogni qualvolta una roccia, o il rivolo azzurro chiaro con le sue sabbie bianchissime ti sbarrano il cammino. e allora via da una parte all’altra a saltare fra i massi e gli speroni, a zigzagare tra gli arbusti di riva e a incunearsi nei tunnel scavati nelle pareti di roccia.
c’è chi rievoca i Cimbri, con le grotte del Caglieron, chi invece non è d’accordo e cita il Grand Raid de la Réunion. sta di fatto che, se nel video di Col de Moi abbiamo dispiegato gli effetti speciali, qui lo “Spirito Trail” c’è tutto di suo. provare per credere. l’entusiasmo e la soddisfazione ci gonfiano il petto e ridonano energia ai muscoli delle gambe ormai affaticate dalle tre ore abbondanti di traversata quando un rumore sordo (osso contro sasso) ci risveglia facendoci voltare di scatto alla volta di Krom che dolorante minimizza. è allora Mudanda, con due sole parole, a sintetizzare tutto quello che Krom non ha avuto il coraggio o la forza di dire, ma al tempo stesso lo incoraggia a rialzarsi e non da ultimo ammonisce tutti i presenti a prestare maggiore attenzione. ***
quando riprendiamo a scendere in questa gola senza fine Mudanda e io abbandoniamo il sentiero per una traccia che ci pareva giusta ma che invece era una sorta di variante alpinistica di quella maestra. arrivati in fondo ci fermiamo ad aspettare gli altri e già li canzoniamo per il gran distacco, quando decidendo di tornare sui nostri passi ci accorgiamo che sono già sulla strada ad aspettarci mentre noi rischiavamo di addentraci in Valsorda. #
l’unico che manca all’appello è Dario ma, pare, sia andato avanti pensando di esserci alle calcagna. è proprio vero che il Progno ha consumato le nostre ultime riserve. ci lanciamo allora al suo inseguimento lungo gli ultimi cinque chilometri di strada asfaltata dove l’acqua è ormai scomparsa sotto il greto arso di massi bianchi e rosa.
nel cortile di un laboratorio la sega ad acqua lavora da sola e senza sosta, più avanti un uomo con sega elettrica fa a fette un tronco d’albero. per il resto calma piatta. ma ecco all’orizzonte Dario, il campanile di Fumane e il cementificio Rossi. ##
raggiungo Dario, ormai preoccupato, e scambiamo due parole quando TAM, TAM, TAM ecco i passi dell’uomo che viene fuori sulla lunga distanza, che i primi venti chilometri suda, che in salita sbuffa ma che poi ti prende e dopo quattro ore ne ha ancora... Mudanda. no comment.
di nuovo in piazza è la volta di cambiarsi gli indumenti sudati e mentre siamo ancora mezzi nudi e vaporosi Francesco fa il giro e ad uno ad uno ci consegna una bottiglia di Valpolicella preparata e confezionata per l’occasione con tanto di etichetta personalizzata: "Per brindare ad un 2008 di ultra distanze e soddisfazioni".

il trail della Valpolicella nasce nel Forum di Ultratrail.it ed è il secondo dopo l’esordio a Col de Moi.
eravamo in 9: Francesco, Mauro e Paolo i veronesi, Distinto e Antonio da Crema, Dario dalla piana fra Mantova e Cremona, Krom dal bresciano, Mudanda dall’entroterra veneziano, Emme da Padova. ###




* - Forte Masua (Fumane), anno di costruzione 1880/85, posto a ridosso della Val d’Adige in un ampio pianoro che ha permesso una struttura a tipica pianta poligonale. Questo forte, data la sua posizione strategica, nel secondo periodo è stato modificato nel fronte di gola, con la costruzione di un corpo principale angolato in calcestruzzo con osservatorio e sei pozzi che, all'inizio della Grande Guerra, erano dotati di cannoni da 149 A. Altri quattro cannoni da 87 B costituivano l'armamento sussidiario. Più a Nord una batteria omonima Masua di Molane che, in postazione in caverna, schierava sei obici da 120 e 4 cannoni da 87.
estratto da:
http://www.verona.com/index.cfm?page=guida_garda&id=1192 (consigliata la lettura integrale)
** - Molina di fumane e il parco delle cascate
http://it.wikipedia.org/wiki/Molina_(Fumane)
http://www.cascatemolina.it/index.php
*** - il tutto, naturalmente, condensato in quelle due sole parole, espressione tipica in Veneto, blasfema, che censuro nel rispetto di alcuni
# - Valsorda, una gola profonda che non permette alla voce di arrivare lontano, segna il confine nord del comune di Marano con Sant'Anna d'Alfaedo. La valle che ha mantenuto la sua selvaggia bellezza, parte dal progno di Fumane alla confluenza con il progno di Breonio (Molina) e il progno Brunesco, arriva alla frazione di Mondrago di Marano Valpolicella. Il percorso è attrezzato, con scale in ferro, corde di sicurezza e ben segnato, ma causa l'umidità in alcuni passaggi o per pioggia, le rocce sono molto scivolose...
http://www.maranovalpolicella.it/parco/valsorda/page_01.htm
## - Decine di chilometri di vecchie marogne sventrate dalle ruspe; terreni collinari e pedemontani che in passato avevano avuto una forte vocazione agricola specializzata e in parte hanno ancora ottime prospettive di sviluppo nel settore delle produzione biologica e di nicchia; angoli abbandonati dalle coltivazioni e che la natura si è ripresa, ma anche ripristini destinati alla coltivazione intensiva della vite su terreni che erano minerari: questo succede nella Valle dei Progni per la presenza dello stabilimento Cementirossi di Fumane, almeno fino allo scadere della concessione mineraria che avverrà forse nel 2025.
estratto da:

### - Road book e altro... (a cura di Francesco)
Terreno misto, strade sterrate, sentieri, asfalto. Nulla di esposto e pericoloso se non un tratto probabilmente molto umido e scivoloso nel Progno.
Partenza dalla piazza di Fumane, (alt 185) un km su asfalto per tornare in località Banchette e inizio salita attraverso strade di campagna. Ci si avvicina a loc. Bure e si risale per loc. Traversagna fino a giungere in loc. Cavarena. Duro tratto di salita su strada asfaltata fino a Casa Nazareth e deviazione sulla dx sentiero per Mte Solane (mt 666) e Vecchia Chiesa di Cavalo (alt. 619). Altri 200 mt di asfalto e a sx mulattiera per Campopiano e poi a dx per vecchie cave di marmo. Poco prima della cava sentiero a dx che attraversa il bosco e si ricongiunge con il sentiero n.12 proveniente da Cavalo. Ancora 15 minuti e si arriva in vetta al Mte Pastello (mt 1122 Croce e ripetitori vari. Dalla partenza circa 10 – 11 km). Si scende brevemente verso le cave di marmo, ma al 1° tornantino si prosegue dritti sul sentiero in costa sino ad una seconda croce con simil via crucis nel bosco. Discesa tra bosco e mulattiera fino a Forte Masua (900mt) dove si incontra strada asfaltata che si percorre in direzione nord per circa 1300 mt fino a località Paroletto. Subito dopo ristorante sentiero a sinistra (n. 17) e immediatamente dopo a dx verso Mte Pastelletto (mt 1050). Si prosegue poi in discesa verso M.te Crocetta e loc. Breonio. (circa 18 km) Si attraversa il paese, si prende in direzione cimitero e campo da tamburello dove inizia un piacevole sentiero in discesa che conduce a Molina. (mt 590) (possibilità di fare il pieno di acqua). Si scende al parco delle cascate e (se aperto) giro veloce del parco delle cascate. Dalla cascata più a sud si entra nella gola del “Progno” (ambiente fantastico ma è necessario fare molta attenzione per terreno molto umido e scivoloso) e attraversandolo più volte su stretti ponti in ferro e legno si giunge dopo circa 2 km in loc. Valsorda (circa 25 km). Sempre in leggera discesa, ma su strada asfaltata, pochissimo frequentata, (non ci sono purtroppo alternative se non molto più impegnative!) si percorre la Valsorda sino a giungere dopo circa 5 km in centro a Fumane.

martedì 11 dicembre 2007

nei boschi di monfumo con il campione

domenica mattina ore 9 parcheggio il 'bolide' azzurro a lato strada. mi affaccio dal finestrino e roby è già lì che mi aspetta.
monta in auto e si va.
gira a destra, vai dritto, vedi lì quella casa... ci abita caverzan, vai sempre dritto, vedi quella signora... è una mia amica, è quella del salumificio, segui la strada e poi gira a sinistra, sai io e lucio ci siamo conosciuti a un pranzo (ti pareva, roby!), ecco gira a destra nel cortile di ghiaia, ma prendila larga che sennò stendi beethoven (il cane).
c'è già un a sw nera parcheggiata nel cortile di ghiaia, scendiamo dall'auto e ci presentiamo davanti alla porta di casa.
viene ad aprirci lucio, sì proprio lucio fregona campione mondiale di corsa in montagna nel '95, pluricampione italiano e vincitore di tutto e di più (dolomites skyrace, cimbri, scarabozzi, ortles-cevedale, val gardena, 4 luglio, vette feltrine...).
entriamo e troviamo tiziano (buon corridore di montagna, 5° ai cimbri quest'anno) ci salutiamo presentandoci, ma già ci conosciamo almeno dal '99 quando abbiamo fatto un buon pezzo della tre comuni insieme. poi lui ha chiuso in terza e io in quarta posizione. bei tempi!
usciamo in strada e non facciamo a tempo ad imboccare la discesa che vediamo samuele, un ragazzo di monfumo, che ci viene incontro per unirsi a noi. iniziamo a correre in leggera discesa chiacchierando, ovviamente, di corse e di f... finché arriviamo ad un prato dove inizia il percorso della gara che lucio sta organizzando.
lasciamo la strada e iniziamo a salire attraverso le vigne fino ad addentrarci nel bosco dove il sentiero è poco frequentato e incerto (lo tiene pulito correndo, ma anche venendo a lavorarci con l'aiuto di altri appassionati). entriamo in una valletta umida e stretta dove dobbiamo saltare più volte un rigagnolo (il muson) e superare delle balze rocciose arrampicandosi qua e là anche con l'aiuto di una modesta scaletta in legno. qui ci sarà una passerella, indica fregona, per fortuna penso io barcollando sui sassi e andando, con un balzo ardito, ad arrampicarmi sulle rocce. riconosco delle gallerie scavate nelle pareti e non faccio a tempo a chiedere che la nostra guida ci illustra, con grande precisione, trattarsi di vecchie cave di lignite utilizzate anche come rifugi durante l'ultima guerra (*).
continuiamo a salire percorrendo una traccia che va su a tornantini fino a sfociare in un panorama dove è d'obbligo una sosta contemplativa: cima grappa, possagno (e nonostante la mia formazione non sono il primo a indicare il tempio canoviano!), il monte tomba e la monfenera...
si riparte di corsa e, da qui in poi, la faccenda si fa impegnativa. un saliscendi continuo, strappi ripidi da affrontare di slancio e scivoli a toboga in cui ci gettiamo a precipizio. lucio davanti, poi tiziano e samuele, poi io e roby. ma roby taglia un tornante e ridendo mi si mette davanti: sai qui una volta io e il mio fratellino per poco non finivamo in braccio a un gruppo di escursionisti!
lucio propone di salire a san giorgio, il colle più alto, credo, degli asolani. l'unico che tira indietro è roby che evidentemente accusa un po' di stanchezza dalla sfacchinata di ieri a belluno con il costume di babbo natale.
la salita al colle non è dura ma l'affrontiamo in velocità e quando arriviamo in cima mi sento catapultato dal bosco sulla valle di maser. a lato del tempietto neoclassico una struttura in acciaio ospita una campana. samuele agita la corda e la fa suonare.
si riparte di nuovo a tutta nei boschi: discese, ancora salite (ma quante ce ne sono?) sentieri in costa strettissimi e anche un po' esposti che seguono la forma nervosamente sinuosa del colle: curva e controcurva, destra-sinistra, lungo il continuo susseguirsi delle insenature. all'inizio fatico a tenere quella velocità, ma poi ci provo e, quasi quasi, ci riesco anch'io a precipitarmi in caduta libera, aggrappandomi agli arbusti quando i piedi 'volano' sulle foglie di quercia.
tornati sulla strada, per fortuna, ci diamo una calmata e rincasiamo tranquilli affrontando l'ultimo chilometro in salita che il campione sa percorrere a 3'20". ipse dixit!
cambiate le scarpe e i vestiti accettiamo l'invito ad entrare per una tazza di tè caldo. ci facciamo strada fra i mille trofei, le coppe, le targhe e i ricordi delle numerose vittorie e, raggiunta la tavola, troviamo non solo il tè ma anche una torta alla ricotta, squisita, preparata dalla moglie che ce la serve e ci fa compagnia mentre ci ristoriamo.


(*) Nel 1941 a Monfumo si estraevano ben mille quintali al giorno di lignite: una quantità che consentiva di rifornire di combustibile quasi tutti gli impianti industriali del Veneto. La storia del giacimento minerario pedemontano è quanto mai singolare e affonda le sue radici nella prima metà dell'Ottocento quando un'impresa austriaca inizia a scavare in località Val Misera. In realtà questa attività ha breve durata, perché la qualità della lignite non è eccelsa e pur essendo ad una profondità esigua i costi estrattivi non consentono ampi margini di guadagno. Dopo un periodo di disinteresse per questo sito, nel 1890 su "L'Adriatico" compare un articolo che enfatizza la scoperta di un importante giacimento a Monfumo ma a questa ventata di ottimismo sulla possibilità di uno sfruttamento non seguono eventi degni di nota, solo una serie di ricerche e sondaggi. Perché i filoni vengano presi in seria considerazione si dovrà attendere i primi anni Trenta quando la ACAI, tenta nuovamente di estrarre il minerale: impresa però fallisce ma nel 1939 ad interessarsi del sito sarà l'imprenditore asolano Dario Callegari che riapre la miniera austriaca. Dopo il primo anno di attività, si contano già quasi novanta dipendenti, la crisi economica in atto consentì infatti di considerare prezioso anche il minerale di Monfuno. Gallerie e cunicoli esplorarono il sottosuolo collinare di Monfumo per chilometri: solo la galleria "cantiere Piumaella" conta 500 metri, vi sono poi la "Sant'Anna", "Santa Barbara", ecc.. Importanti furono anche le opere di collegamento viario per il trasporto del minerale tanto che fu realizzata pure una linea ferroviaria a scartamento ridotto, di 1.350 metri, che costeggiava il torrente Muson. Nel 1941 si contavano 150 operai ma nonostante il buon esito dell'impresa portata avanti da Callegari, la società dovette cedere l'attività al più danaroso Lanificio Rossi di Schio, per l'impossibilità di aver fondi da investire nello sviluppo della miniera. I vicentini seppero fare di questo sito una "miniera d'oro" i lavoratori divennero quasi subito 280, poi 445 ed in fine 800. Sembrava che questa florida attività, che aveva graziato la gente di Monfumo dall'emigrazione, fosse destinata ad una lunga vita ma con la fine della crisi post bellica e la concorrenza del mercato nord europeo, subì un repentino arresto e nel 1947 se ne presagiva già la fine. Nel 1948 venne abbandonata definitivamente dalla Lanerossi.

lunedì 3 dicembre 2007

piccole e grandi corse: 2 fine settimana a confronto

emme:
periferia di Padova, domenica mattina. non è né freddo né caldo, ma molto umido. arriviamo con la 600 di mia moglie ché la mia meriva l’ho sbattuta. fatichiamo non poco a trovare un misero buco nonostante siano appena le 8:10. prendo i biglietti e li do a Selena da tenerli in tasca per il ristoro.

loro intanto vanno avanti mentre io provo invano ad aspettare qualcuno con cui condividere la corsa, ma niente da fare, entro pochi minuti il piazzale della chiesa è quasi deserto, altro che partenza alle 8:30.
accendo il cronometro e parto.
dopo qualche centinaia di metri vedo Selena e per mano il piccolo Vico con quel piumino arancione che ti fa sorridere anche se non vuoi. gli passo vicino tanto da potergli carezzare la testa, o meglio il cappellino blu con visiera, e sfilare senza fermarmi.
poco dopo è la volta di uno con scarpe fosforescenti, uno che spinge parecchio. lo supero, ma lui prova a stare al mio passo. nonostante il fastidioso rumore che fa coi piedi sono contento di correre in compagnia, ma dopo 3 km sono di nuovo solo e senza stimoli di sorta: che palle ‘ste non competitive di pianura. non riesco nemmeno a ‘tirare’ appiattendomi su un ritmo discreto ma di crociera nonostante le mie splendide, nuove, NB 826.
eccomi al 15° dove, stupito, trovo di nuovo Sele e Vico (per loro è il 3° km). il piccolo è così contento di vedermi che rimane basito: bocca aperta ma senza parole.

al 18° la corsa finisce. dopo due bicchieri di tè caldo, mi asciugo, mi cambio... e vado a ritroso incontro a quei due. li scovo al ristoro che precede il 4° km che, con gran calma, assaggiano e sorseggiano... bravo Ludovico! hai camminato da solo fin qui? sì papà. vuoi che ti porti un po’ a cavallino? sì papà, dopo l’aranciata, però!



mudanda:
Per l'ennesima volta un'avventura che ti fa tornare a casa contento. Siamo partiti il sabato io e Dario da Venezia destinazione Lione per fare la 54^ edizione delle Saintelyon lì ci aspettava Andrea conosciuto al Mercantour 2007 ma la compagnia si è subito allargata. In pulman dall'aeroporto conosciamo Giovanni di Roma, persona eccezionale plurifinisher ovunque (Spartathlon, UTMB, Mercantour ecc....) poi Domenico incrociato anche lui al Mercantour 2007. Infine Galletto e tutti i suoi amici....lui è da poco tornato dal Grand raid de la reunion....insomma una bella compagnia con la quale abbiamo allegramente trascorso le ore di attesa raccontandoci le nostre avventure trail....se qualcuno si fosse preso la briga di sommare i km e i metri di dislivello dei nostri racconti avrebbe facilmente raggiunto cifre simili alla distanza tra la terra e la luna. Tutti pronti quindi per affrontare questa 54^ edizione della Saintelyon, 69 km tra sentieri e asfalto con 1300m D+ che per il 2007 propone un percorso modificato nel suo finale e, visti gli 8100 partenti, una partenza differenziata tra gara individuale e gare a staffetta. Ore 00:00 del 1/12/2007, sulle note di "light my way" degli U2, pronti via e l'avventura comincia i primi km su asfalto volano veloci, poi le prime salite verso St Christo en Jarez e Croix Bicoury punto più alto della gara (850m), a farla da padrona nei sentieri è il fango....tanto fango. Dopo il 30^ km (ristoro di St. Chaterine) il percorso diventa, come dicono i francesi, più "roulant", ma arrivare lì non è stata una passeggiata se vuoi spingere ne devi avere. Quindi ti ritrovi immerso nella notte a correre, a volte ti giri indietro e ti rendi conto che sei parte di questo lungo serpente di luce che sta segnando le Rhone-Alpes, a un certo momento per ignorare la solita vocina che mi sussurra dolcemente "...e stare a casa questa notte no?"...mi immaginavo su un aereo ad ammirare lo spettacolo di questa scia luminosa formata da 8100 frontali...e subito il pensiero della stanchezza e del freddo scompare. Dopo il ristoro di Soucieu en Jarrest al 46^ km cominci a sentire l'arrivo, il percorso ha molta discesa su strada per cui si mollano le gambe e via "a tutta" fino alla terribile salita di St. Foy de Lyon...lì i primi corrono...gli umani camminano gobbi con le manine sulle ginocchia. Superata questa ultima asperità si scende a Lyon, la trovo ancora avvolta nelle tenebre intenta ad ascoltare il rumore del Rodano che scorre pacifico. Mancano 7 km pianeggianti che si percorrono tutti costeggiando il Rodano una lentissima e gradevolissima agonia. Spingi gli ultimi km con le energie che ti sono rimaste e con l'amico Morfeo che ti rimprovera per non averlo venerato quella notte.....ma non fai nemmeno tempo a litigare perché c'è l'arrivo e quello è il tuo momento...e nessuno ti può impedire di godertelo. (*)


(*) racconto di Mudanda (alias Gabriele) ultratrailer di Meolo (Tv), pubblicato anche su: http://www.ultratrail.it/e107_plugins/forum/forum_viewtopic.php?397.0#post_400